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MALEDETTI LIBRI!

L'irrefrenabile passione per la censura e la distruzione delle biblioteche

 

Da qualche anno la Biblioteca dell’Archiginnasio ha avviato una serie di studi volti ad approfondire le conseguenze concrete che eventi storici di vasta portata o avvenimenti di respiro più locale hanno avuto sul proprio patrimonio. La censura, le guerre, le scelte politiche, sono stati spesso causa di una perdita culturale alla quale in alcuni casi non è stato possibile rimediare. Studiare e approfondire questi eventi e queste tematiche è un modo per non dimenticare quanto successo in passato per evitare che si ripeta nel futuro.

Il libro di Fabio Stassi Bebelplatz. La notte dei libri bruciati (ed. Sellerio) ha dato lo spunto per questo progetto che, agli studi compiuti negli ultimi anni su questi temi, aggiunge ulteriori esempi e approfondimenti. L’opera di Stassi ha come focus centrale la censura nazista ma amplia il proprio sguardo a casi di distruzioni di documenti avvenute a causa di conflitti bellici, tema che tocca da vicino l’Archiginnasio. In molti casi infatti, anche quando la distruzione di documenti sembra casuale, la cancellazione della cultura di un paese - a partire dagli oggetti che hanno il compito di tramandarla e diffonderla - è uno degli obiettivi da raggiungere durante conflitti di varia natura e origine.

Se Bebelplatz è stato un punto di partenza, abbiamo cercato di seguirne l’esempio per spaziare interrogando altri studi e altri documenti, spesso legati alla vita della biblioteca. Abbiamo privilegiato i periodi in cui si sono affermate le dittature europee novecentesche, senza però tralasciare puntate nel passato e avendo sempre a mente quanto questi temi siano ancora di tragica attualità.

Per capire come l’odio verso i Maledetti libri - che sono espressione concreta della libertà di pensiero - abbia spesso accompagnato eventi tragici, ma anche generato per reazione esempi di dedizione e di impegno da parte di chi i documenti li deve custodire e salvare.

 

I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.

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Censurare il vero volto della guerra
Created on 10 oct 2025 — Updated on 16 nov 2025

Censurare il vero volto della guerra

Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque, uscito nel 1928, «era immediatamente diventato un successo internazionale: due anni dopo, Hollywood ne aveva tratto un film, All’Ovest niente di nuovo, che aveva vinto due premi Oscar» (Fabio Stassi, Bebelplatz, p. 71), censurato in epoca fascista e proiettato in Italia solo negli anni Cinquanta. Il messaggio pacifista e antimilitarista di All’Ovest niente di nuovo si può paragonare ad un altro capolavoro, Orizzonti di gloria, diretto da Stanley Kubrick nel 1957 (tratto dal romanzo Paths of glory di Humphrey Cobb), a sua volta censurato in Francia (narra episodi della Prima guerra mondiale sul fronte francese, indimenticabile la scena in cui il colonnello Dax, uno straordinario Kirk Douglas, percorre le trincee poco prima di un sanguinosossimo attacco alle linee tedesche) dove uscì solo nel 1975.
Il libro di Remarque, di cui l’Archiginnasio conserva un’edizione del 1929 stampata a Berlino (a sinistra la copertina del testo), fu al centro di durissimi attacchi da parte dei nazisti, che naturalmente ne disprezzavano il contenuto antimilitarista e antinazionalista, e fu bruciato nelle piazze durante i roghi dei libri, i Bücherverbrennungen.
Per chi voglia avere una conferma di quanto poco esaltante sia la guerra vera, è di grande interesse la lettura del Giornale di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda, dove l’entusiasmo per la guerra sperata e auspicata si scontra rapidamente con la durezza della vita nel fango delle trincee, con l’incompetenza dei generali e con l’avidità di chi specula sulle forniture essenziali per i soldati.
Il Giornale di guerra uscì nel 1955, ma se fosse uscito prima, non avrebbe superato la censura fascista: Gadda descrive la realtà vera, ciò che non compare se non raramente nei romanzi e nei film.
Ecco la descrizione dell’accampamento dei soldati:

 

«Merde: sono sparse, di tutte le dimensioni, forme, colori, d’ogni qualità e consistenza, nei d’intorni immediati degli accampamenti: gialle, nere, cenere, scure, bronzine; liquide, solide etc».

(C.E. Gadda, Giornale di guerra e di prigionia, p. 240).


Così scriveva Pasolini all’amico Luciano Serra nel febbraio-marzo 1944, dopo una breve fase in cui nelle sue lettere accennava alla volontà di arruolarsi come volontario e dopo aver avuto le prime concrete esperienze di vita militare:

 

«Non so se ci rivedremo, tutto puzza di morte, di fine, di fucilazione. […] La guerra puzza di merda».

(Pier Pasolo Pasolini, Lettere 1940-1954, p. 190-191).

 

Erich Maria Remarque, Im Westen nichts Neues, Berlin, Im Propyläen Verlag, 1929.
Collocazione: BIANCHI B. 2519

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