search event
choose the date
Search events since:
Come fare per Reading on the premises Reference room Manuscripts and Rare Books section and Drawings and Prints Private Room Reference desk Chiedilo alla biblioteca Loans Photoreproductions Internet Pubblicazioni Doni Collections Catalogues The catalogues - books and periodicals The catalogues - manuscripts The catalogues - drawings, prints, photographs and postcards Guida ai Fondi Digital library Bibliographies Calendar The palace
it / en
Library is closed. It will open tomorrow at 09:00.
View all schedules.
Piazza Luigi Galvani, 1 - 40124 Bologna Tel: 0512196611 archiginnasio@comune.bologna.it
  • Contatti
  • Iscriviti alla newsletter
  • Archivio Archinews
facebook’s logo youtube’s logo instagram’s logo
Comune di Bologna
  • Informativa sul trattamento dei dati personali
  • Licenze e disclaimer
Libraries in Bologna
Chialab

MALEDETTI LIBRI!

L'irrefrenabile passione per la censura e la distruzione delle biblioteche

 

Da qualche anno la Biblioteca dell’Archiginnasio ha avviato una serie di studi volti ad approfondire le conseguenze concrete che eventi storici di vasta portata o avvenimenti di respiro più locale hanno avuto sul proprio patrimonio. La censura, le guerre, le scelte politiche, sono stati spesso causa di una perdita culturale alla quale in alcuni casi non è stato possibile rimediare. Studiare e approfondire questi eventi e queste tematiche è un modo per non dimenticare quanto successo in passato per evitare che si ripeta nel futuro.

Il libro di Fabio Stassi Bebelplatz. La notte dei libri bruciati (ed. Sellerio) ha dato lo spunto per questo progetto che, agli studi compiuti negli ultimi anni su questi temi, aggiunge ulteriori esempi e approfondimenti. L’opera di Stassi ha come focus centrale la censura nazista ma amplia il proprio sguardo a casi di distruzioni di documenti avvenute a causa di conflitti bellici, tema che tocca da vicino l’Archiginnasio. In molti casi infatti, anche quando la distruzione di documenti sembra casuale, la cancellazione della cultura di un paese - a partire dagli oggetti che hanno il compito di tramandarla e diffonderla - è uno degli obiettivi da raggiungere durante conflitti di varia natura e origine.

Se Bebelplatz è stato un punto di partenza, abbiamo cercato di seguirne l’esempio per spaziare interrogando altri studi e altri documenti, spesso legati alla vita della biblioteca. Abbiamo privilegiato i periodi in cui si sono affermate le dittature europee novecentesche, senza però tralasciare puntate nel passato e avendo sempre a mente quanto questi temi siano ancora di tragica attualità.

Per capire come l’odio verso i Maledetti libri - che sono espressione concreta della libertà di pensiero - abbia spesso accompagnato eventi tragici, ma anche generato per reazione esempi di dedizione e di impegno da parte di chi i documenti li deve custodire e salvare.

 

I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.

image of Bebelplatz: un lungo viaggio tra roghi e censura
Bebelplatz: un lungo viaggio tra roghi e censura
Aprire le scatole di cartone e curiosare tra i nuovi acquisti della propria biblioteca è uno dei grandi privilegi dei bibliotecari.Libri nuovissimi, appena pubblicati, da sfogliare in anteprima, prendendo qualche appunto per future letture, un po' come si fa in libreria, ma in totale autonomia e con un piacere della scoperta diverso: si svuota la scatola senza fretta e si scava, come in un sito archeologico, alla ricerca di tesori.Quel giorno al bibliotecario capitò tra le mani Bebelplatz di Fabio Stassi, e già la caratteristica coperta di Sellerio prometteva bene. All'interno, nel frontespizio, La notte dei libri bruciati.Nei risvolti della coperta si accennava ai roghi di Berlino del 10 maggio 1933, ma anche alle biblioteche distrutte in Ucraina e a Gaza; l'autore scriveva di libri censurati e biblioteche bombardate. Tutto ciò suonava famigliare: l'Archiginnasio ha dedicato negli ultimi anni molte energie per ricostruire i momenti più cupi della propria storia secolare, dai bombardamenti del 1944 alla censura dei libri sgraditi al Regime fascista. Ma mentre sui bombardamenti esisteva già un'ampia bibliografia, nulla risultava su eventuali episodi di censura e sui provvedimenti antiebraici che avevano colpito tutte le biblioteche italiane.Un vuoto della memoria, non casuale, impediva di affrontare gli scheletri occultati da decenni negli armadi della Biblioteca.Con queste premesse, Bebelplatz è stato letto tutto d'un fiato: troppo stimolanti gli episodi narrati, le letture proposte, la bibliografia, la cronologia ragionata della distruzione delle biblioteche.A questo punto, in modo molto spontaneo, è nata la necessità di fare qualcosa attorno al viaggio di Bebelplatz, aggiungere altri itinerari e altre letture, riproporre le letture proposte da Stassi, ampliare gli stimoli che dava l'autore, collegandoli alle esperienze di questi anni di lavoro in Archiginnasio. Partendo dalle proprie conoscenze personali e dalle proprie esperienze ma rimanendo sempre collegati al nostro grande patrimonio documentario.Il progetto nato in questo modo non è finito e non finirà mai, ci sarà sempre qualche racconto di un'altra biblioteca distrutta, o di altri autori perseguitati e censurati.L'impegno degli esseri umani per censurare, distruggere, bruciare e mandare al macero i libri, non avrà mai fine. Ma non si fermerà mai anche il lavoro per salvare, ritrovare e ricostruire la memoria che si vorrebbe cancellare.   Fabio Stassi, Bebelplatz. La notte dei libri bruciati, con una nota di Alberto Manguel, Palermo, Sellerio, 2024. Collocazione: 20. H. 3486
image of Bücherverbrennungen. I roghi di libri del 10 maggio 1933 nella Germania nazista
Bücherverbrennungen. I roghi di libri del 10 maggio 1933 nella Germania nazista
Nel 2025, in occasione dell’iniziativa Libri salvati organizzata dall’Associazione Italiana Biblioteche, l’Archiginnasio ha proposto la bibliografia Bücherverbrennungen. I roghi di libri del 10 maggio 1933 nella Germania nazista, che presenta un elenco di opere che furono date alle fiamme e di cui la nostra biblioteca conserva un'edizione nelle proprie raccolte.    L’immagine mostra la scheda della sezione Autori del Catalogo storico Frati-Sorbelli intestata allo storico Guglielmo Ferrero (1871-1942).Sotto la collocazione, scritto a matita, si legge: «Al riservato».Questa scritta indica che il libro fu censurato dal Regime fascista, e quindi collocato presso la Direzione della Biblioteca, dove poteva essere consultato solo su autorizzazione del Direttore. La Biblioteca dell'Archiginnasio ricevette la disposizione di censurare le opere di Ferrero, noto antifascista, nel 1935. L'ordine proveniva dall'Ufficio politico investigativo della M.V.S.N. (Milizia volontaria per la sicurezza nazionale).
image of Un rogo cavalleresco
Un rogo cavalleresco
Il Don Chisciotte della Mancia è tra i primi libri citati da Fabio Stassi in Bebeplatz, e non a caso: nel capitolo sesto (che riproduciamo dall’edizione milanese del 1841) Miguel de Cervantes ci descrive la distruzione della biblioteca personale di Alonso Quijano, che assumerà il nome più noto di Don Chisciotte.I responsabili del rogo che porterà alla distruzione di buona parte della biblioteca sono la nipote di Alonso, la sua governante, il barbiere del paese (mastro Nicola) e il curato, Pietro Perez: li vediamo all’opera in una bella illustrazione dell’edizione stampata a Madrid nel 1771 di cui vediamo qui il frontespizio. Convinto che la lettura dei libri di argomento cavalleresco conduca Alonso alla follia, l’eterogeneo gruppo decide di distruggere la sua biblioteca, perché molti libri «meriterebbero d’esser arsi, come se fossero eretici», afferma la governante, che getta i libri dalla finestra nel cortile, dove verranno dati alle fiamme. Viene subito alla mente la celebre frase di Heinrich Heine, su cui ritorneremo: «là dove si bruciano libri, si finisce per bruciare anche le persone».Non ci si stupisce della stupida ferocia della governante, per la quale tutti i libri sono manifestazioni del demonio, mentre colpisce il ruolo del curato, uomo colto laureato a Siguenza: è lui che decide il destino di quasi tutti i libri (ma l’Amadigi stampato a Saragozza nel 1508, che ispirò l’Amadigi di Bernardo Tasso, di cui proponiamo il frontespizio di una bella edizione del 1560, viene risparmiato per l’intervento del barbiere) che in buona parte ha letto e di cui conosce gli autori. Sulla base delle proprie conoscenze e dei propri gusti personali, Perez salva o fa bruciare i libri, ed è inquietante il suo ruolo di intellettuale prestato all’implacabile selezione di ciò che merita di essere conservato o distrutto. Sua è la responsabilità enorme del rogo, che non viene attenuata dal fatto di mettere in salvo alcuni titoli: proprio per le conoscenze culturali di cui dispone, nessuno dei libri che passano fra le sue mani sarebbe dovuto finire alla governante per la distruzione finale.    Miguel de Cervantes Saavedra, Vida, y hechos del ingenioso caballero Don Quixote de la Mancha…, Madrid, por D. Joachin de Ibarra, 1771, v. I.Collocazione: 9. BB. IV. 11  
image of Librerie nella Weimar nazista
Librerie nella Weimar nazista
Che libri esponevano le librerie tedesche in epoca nazista?Disponiamo di una testimonianza diretta di un giovane studente universitario bolognese: Pier Paolo Pasolini (il suo libretto universitario è conservato nell’Archivio storico dell’Università di Bologna). Nel 1942, a Weimar (17-24 giugno) e a Firenze (25-30 giugno), si svolsero i Ludi Juveniles nell’ambito del Ponte Weimar-Firenze, l’incontro di migliaia di giovani da tutti i paesi occupati o alleati della Germania nazista.Pasolini, che sarà presente in entrambe le città in qualità di Consulente per la commissione giovanile per l’arte della G.I.L. (Gioventù italiana del Littorio) di Bologna, scriverà un importante articolo sul raduno di Weimar: Cultura italiana e cultura europea a Weimar, pubblicato prima su «Architrave» e poi sul n. 3 de «Il Setaccio», la prima rivista che vide Pasolini tra i suoi fondatori (si veda la sezione dedicata a questa rivista la mostra online realizzata dall’Archiginnasio Pasolini ’42). All’interno dell’articolo, Pasolini scrive: [il popolo germanico] par si contenti di vivere, culturalmente, nelle acque morte della propaganda, o di un’arte realistica e di genere. (A riprova di ciò, nelle principali librerie di Weimar, la Firenze tedesca, non mi è stato possibile trovare un solo libro di poesie di autori classici o moderni; mancanza di carta? Non pare, perché molte e lussuose erano le edizioni di libri propagandistici, che, si noti, il popolo tedesco legge). Poca o nulla poesia, nelle librerie naziste.   Pier Paolo Pasolini, Cultura italiana e cultura europea a Weimar, «Il Setaccio», III, n. 3, gennaio 1943, p. 8-9.Collocazione: 16. b. II. 65
image of Magnus Hirschfeld
Magnus Hirschfeld
Un intero capitolo di Bebelplatz è dedicato alla storia della distruzione dell’Institut für Sexualwissenschaft, fondato a Berlino nel 1919 da Magnus Hirschfeld, un medico omosessuale ebreo che creò uno dei primi e più importanti centri per la ricerca sulla sfera sessuale e che può a buon diritto essere considerato uno dei più rilevanti precursori delle tematiche LGTBQ+.Il movimento nazista non poteva tollerare l’attività dell’Istituto, accusato di diffondere l’omosessualità e di minare l’integrità del popolo tedesco: minacciato e più volte aggredito, Hirschfeld assistette nel 1933 alla totale distruzione del suo lavoro. L’importante biblioteca specializzata, ricca di circa 20.000 volumi, fu distrutta il 10 maggio 1933 nel rogo dei libri di Berlino.Hirschfeld, che nel maggio del 1933 si trovava all’estero, riuscì ad evitare l’arresto e la deportazione, ma morì in esilio solo due anni dopo.L’ossessione nazista nei confronti degli omosessuali portò negli anni successivi alla cattura e all’invio nei campi di concentramento di migliaia di omosessuali, distinguibili per portare cucito sulla casacca il triangolo rosa.Anche il regime fascista perseguitò gli omosessuali, con diffide e ammonimenti e in alcuni casi con l’invio al confino, in genere sull’isola di S. Domino, nelle Tremiti.Nell’Archivio della Biblioteca dell’Archiginnasio si trova una testimonianza dell’ostilità nei confronti del lavoro di Magnus Hirschfeld: il 18 settembre 1939 la biblioteca ricevette la richiesta, inoltrata dalla Direzione generale biblioteche per conto del Ministero della cultura popolare, di non consentire la lettura, se posseduto, di «Jahrbuch für sexuelle Zwischenstufen...», pubblicato a cura di Hirschfeld a Lipsia nel 1905.L’Archiginnasio non possedeva la pubblicazione, ma garantì che se fosse pervenuto in Biblioteca in futuro, sarebbe stato sottoposto al divieto di consultazione.Sulla censura in Archiginnasio, in particolare relativamente a opere e autori ebrei, si veda la mostra online L’eterno nemico e l’articolo di Maurizio Avanzolini L’eterno nemico. Dalla censura libraria all’applicazione delle leggi razziali: il Ventennio fascista nella Biblioteca dell’Archiginnasio. BCABo, Archivio, Carteggio amministrativo, 1939, tit. IV-1, prot. 1149. Circolare della Direzione generale accademie e biblioteche, 18 settembre 1939.
image of Anna Maria Volpi Nannipieri in arte Mura
Anna Maria Volpi Nannipieri in arte Mura
La vicenda di Anna Maria Volpi Nannipieri, in arte Mura, è ampiamente trattata da Stassi all’interno di un capitolo a lei dedicato in Bebelplatz. Anche se ci potrebbe stupire come una giovane scrittrice di romanzi rosa sia finita nel mirino della censura fascista.Nata a Bologna il 25 ottobre del 1892, Mura visse a Livorno e a Milano, per poi stabilirsi a Gavirate, paesino del varesotto sulle rive del lago, noto alle cronache per essere stato lo scenario dell’amore clandestino tra Annie Vivanti e Giosuè Carducci. Qui Mura conobbe proprio Annie Vivanti, che la spinse verso la carriera di scrittrice. Grazie a questa amicizia deciderà di utilizzare lo pseudonimo Mura per firmare i suoi romanzi, ispirato per l’appunto alla Contessa Maria Nicolaevna Tarnovska, protagonista del romanzo Circe, opera di Vivanti.Prima autrice italiana a dare voce attraverso i suoi romanzi rosa ai pensieri reconditi delle donne di quell’epoca, Mura non fu una scrittrice antifascista e neanche particolarmente femminista. Scrisse solamente per far emergere la sua libera natura femminile. Sarà l'amante di Alessandro Chiavolini, giornalista del «Popolo d’Italia» che sarà segretario di Mussolini a Palazzo Venezia fino al 1934.Lavorò per la rivista «Lidel», sulla quale nel 1930 pubblicò la prima versione di Niôminkas, amore negro. Il racconto comparso su «Lidel» sarà la base del romanzo pubblicato da Mura per Sonzogno nel 1934 con il titolo Sambadù, amore negro (leggi la versione integrale del romanzo). Nella copertina sono raffigurati un uomo nero in giacca e una donna bianchissima che si abbandona nelle sue braccia. Rispetto al racconto uscito precedentemente, nella trama del libro si aggiungono un matrimonio e la nascita di un figlio, oltre a particolari piccanti.Il romanzo, ci informa Stassi, venne sequestrato il 2 aprile del 1934 e una circolare del giorno dopo, firmata da Benito Mussolini in persona, impose la messa al bando del romanzo.Questa decisione fu sicuramente opera di una soffiata di qualcuno, probabilmente Galeazzo Ciano, che aveva tutto l’interesse a far capire al Duce come il controllo della stampa affidato allora alle Prefetture fosse fallimentare e che aveva messo sulla scrivania del Duce una copia prima della pubblicazione.Esiste un resoconto dettagliato della reazione di Mussolini al romanzo di Mura, fornito da due testimoni: il capo della polizia Arturo Bocchini e il Ministro degli Esteri, barone Pompeo Aloisi, che annotò l’accaduto sul suo diario pubblicato nel dopoguerra in francese.Il 5 aprile del 1934 l'ufficio stampa del governo si sincerò della buona riuscita dell’operazione.L’8 aprile venne ritirato dalle edicole «La voce di Mantova», che aveva recensito il libro e riassunto dettagliatamente la trama. Il romanzo in realtà è intriso di razzismo già dalle prime pagine: la protagonista, Silvia, dopo il matrimonio, scopre enormi differenze culturali tra lei e il marito africano. La nascita di un figlio la fa precipitare nell’insicurezza.Il figlio di “sangue misto” scatena le ansie della madre bianca che si preoccupa dei “germi selvaggi” che albergano in lui e dell’eventuale educazione che un padre “selvaggio” può impartire. Il romanzo si conclude con la rottura del matrimonio e la decisione della protagonista di allevare il figlio da sola come una moderna madre single.Il regime fascista non poteva tollerare che il  romanzo, pubblicato pochi mesi prima della guerra in Etiopia, offendesse gli ideali di dignità della razza, anche se solo sulla copertina. Inoltre i suoi personaggi femminili rappresentano l’esatto opposto della figura che il Regime voleva; le protagoniste di Mura bramano l’indipendenza, amano il piacere e la lussuria, sono adultere e in alcuni casi, come nel romanzo Perfide, sono dichiaratamente omosessuali.Mura divenne una sorvegliata speciale: i colleghi della redazione de «Il Secolo» controllavano ciò che scriveva, la Polizia aprì un fascicolo personale su di lei. Il nome di Anna Maria Volpi Nannipieri finì quindi per comparire, come documenta Stassi, anche negli elenchi nazisti come scrittrice sgradita al Regime.Mura chiese un incontro con Mussolini per dichiararsi estranea alla copertina e eventualmente proporre di cambiare l'ambientazione spostandola dalla città di Roma, ma l’incontro con il Duce non ci sarà mai e la scrittrice verrà ricevuta solo da Ciano, il suo persecutore.Questo episodio di censura cambia definitivamente le sorti dell'editoria italiana che si avvia verso un processo di controllo centralizzato con la nascita prima dell’Ufficio Stampa del Capo del Governo e poi con il Ministero della Stampa e Propaganda (poi Ministero della Cultura Popolare) nato per individuare all’interno di tutte le nuove pubblicazioni elementi contrari agli ideali  politici, sociali ed economici del regime fascista.   Enzo Golino, Sambadù amore negro. Il libro che il Duce fece bruciare, «La Repubblica», 13 gennaio 2008, p. 38-39. Collocazione: G. 131 (2008)
image of Il tragico incidente di Mura
Il tragico incidente di Mura
Il 16 marzo del 1940 Mura si trovava in Libia, dove aveva appena incontrato Chiavolini; partì per l'Italia con un aereo antiquato e con condizioni meteo sfavorevoli, ma non atterrò mai a Roma. Il suo orologio da polso si fermò alle 10.55, quando il velivolo si schiantò contro un costone di roccia a Stromboli. Nell’incidente, che in seguito verrà classificato come frutto di un errore umano, morirono 14 persone, compresi quattro membri dell’equipaggio. La famiglia di Anna Maria Volpi Nannipieri pubblicò un annuncio funebre sul «Resto del Carlino» in data 27 marzo 1940, mentre il trafiletto che vediamo a fianco è preso da «L‘Avvenire D’Italia».   «L‘Avvenire D’Italia», 19 marzo 1940, p. 5.  Collocazione: Sala 19 G.77 (1940)
image of Inesattezze storiche politicamente nocive
Inesattezze storiche politicamente nocive
Il fascismo italiano perfezionò nel corso degli anni la sorveglianza sulle pubblicazioni di carattere storico, modulando gli interventi di censura anche sulla base degli eventi contingenti e dell’attualità. Un regime che aspirava al controllo totale della società, consapevole dell’importanza che la trasmissione della conoscenza storica riveste nella formazione dell’identità nazionale, non poteva lasciare spazio a versioni che si allontanavano dalla linea ufficiale. E se qualcosa era sfuggito in passato occorreva rimediare.   Il saggio di Davide Bianchi, La Bompiani e la censura fascista, apparso nel primo numero del 2004 della rivista «La fabbrica del libro» si sofferma sul caso emblematico delle popolari opere di divulgazione di Hendrik Van Loon (1882-1944), pubblicate in Italia dalla casa editrice milanese. Lo scrittore olandese naturalizzato americano era noto per lo stile colloquiale e per le illustrazioni contenute nei suoi volumi, fatte di proprio pugno. Le ristampe delle sue opere e le nuove uscite proposte da Bompiani al Minculpop furono oggetto di una «progressiva campagna di revisione e controllo» tra il 1938 e il 1940, come scrive Bianchi. Così ricostruzioni e giudizi già pubblicati nel volume La storia dell’umanità, ristampato più volte dal 1934, furono giudicati «inesattezze storiche politicamente nocive» in una lettera del Ministero della cultura popolare (Minculpop) alla Prefettura di Milano del 6 novembre 1940. Dopo la dichiarazione di guerra alla Francia di pochi mesi prima, ad esempio, la frase «nessun paese contribuì all’indipendenza italiana più della Francia» (presente a p. 377 nell’edizione del 1935 conservata nella Biblioteca dell’Archiginnasio) era evidentemente diventata errata e dannosa. Il regime, inoltre, non poteva più accettare la degradazione di Cristoforo Colombo a secondo scopritore dell’America perché aiutato dai «discendenti di quegli audaci norvegesi» che lo avevano preceduto nell’impresa (p. 226 e illustrazione a p. 227); a seguito dell’introduzione delle leggi di discriminazione razziale a partire dal 1938, infine, non era ammissibile riproporre l’elogio di Karl Marx, definito da Van Loon «un ebreo intelligentissimo» (p. 404). Il Minculpop non dispose il sequestro dell’opera, ma avvertì la Bompiani che non avrebbe più concesso la sua approvazione a ristampe e nuove edizioni delle opere di Van Loon, considerato in generale filosemita e ammiratore dell’Inghilterra.    L’Italia in una illustrazione di Van Loon. Hendrik Willem Van Loon, La geografia di Van Loon. Scritta ed illustrata da Hendrick Willem Van Loon, versione dall'americano di Carlo Coardi, Milano, Bompiani, 1934.Collocazione: 18* K. I. 31
image of Chi ha paura dei libri per ragazzi?
Chi ha paura dei libri per ragazzi?
In questi anni il dibattito sulla censura dei libri per l’infanzia si è nuovamente acceso. Numerosissimi sono i casi negli Stati Uniti, infatti l’American Library Association (ALA) segnala un incremento di casi di censura nel territorio statunitense; ad oggi sono stati ritirati dalle biblioteche pubbliche e scolastiche di molti Stati più di 10.000 titoli, la maggior parte dei quali destinati a bambini e giovani adulti. Una tendenza tanto forte da ispirare un documentario, The Librarians di Kim A. Snyder, presentato nel 2025 al Film Festival dei Diritti Umani di Lugano. L’editoria per ragazzi e l’editoria scolastica negli anni sono state spesso vittime di tentativi di censura da parte di Stati e regimi o ideologie politiche.Anche il regime fascista in Italia durante il ventennio pose una grossa attenzione a ciò che i giovani italiani leggevano sia a casa che sui banchi di scuola; il libro divenne uno strumento di indottrinamento, dagli scaffali scompaiono libri che stimolano la fantasia, l'autonomia, la ribellione o il libero pensiero. La letteratura per l’infanzia fu oggetto di molte cure e attenzioni da parte del regime fascista che colse tutte le potenzialità educative e propagandistiche che essa offriva. Lo stesso Mussolini in un discorso del 1926, all’inaugurazione della nuova sede della Società italiana degli autori, indicò il libro come un potente strumento di imperialismo culturale e propaganda. Negli anni Trenta «la letteratura per l’infanzia era diventata un’importante fonte di introiti per le case editrici e gli autori» nota Elisa Rebellato esaminando la storia e la composizione della collana “La Scala d’oro” di UTET, tanto che anche la casa editrice torinese, il cui catalogo era «già chiaramente strutturato secondo altre linee», decise di intraprendere la pubblicazione di una collana «esplicitamente rivolta a un pubblico infantile» (E. Rebellato, La Scala d’oro. Libri per ragazzi durante il fascismo, p. 7-8). Anche questa serie di libri, potenzialmente meno soggetta all’impatto delle imposizioni del Regime in quanto formata, nella sua parte narrativa, di testi classici riproposti in una riscrittura moderna, dovette però pagare pegno alla politica propagandistica richiesta alla letteratura indirizzata ai più giovani. Lo fece in parte nei libri dedicati alla scienza e alla storia, ma soprattutto nel volume Guerra e fascismo spiegati ai ragazzi, curato da Leo Pollini con illustrazioni di Carlo Nicco. La collana era articolata in diverse serie destinate alle varie fasce d’età, ma quest’opera venne pubblicata fuori da una specifica serie perché considerata adatta ai ragazzi di ogni età. Sulla pubblicazione di questo libro al di fuori delle serie regolari ancora oggi si dibatte se sia stata decisa «per segnalarne l’estraneità alle linee direttive della collana o, invece, per attirare l’attenzione su di esso» (ivi, p. 247). In pratica, se sia stata decisa in opposizione o in ossequio alle imposizioni della propaganda fascista (si vedano del libro citato in patricolare le p. 211-255).   Guerra e fascismo spiegati ai ragazzi, a cura di Leo Pollini, con numerose illustrazioni [di Carlo Nicco], Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 1934. Collocazione: ZANARDI B. 1059
image of Il controllo della scuola
Il controllo della scuola
La politica di controllo della letteratura per l’infanzia ebbe naturalmente anche ripercussioni in ambito scolastico. Con la legge n. 5 del 7 gennaio 1929 le scuole italiane vennero dotate di un testo unico per ogni singola classe elementare (ne vediamo qui un esempio integralmente consultabile online) redatto da una commissione nominata dal Ministro della Pubblica Istruzione (poi Ministero dell'Educazione Nazionale); i testi, intrisi di patriottismo, avevano l’intento di educare il giovane all’obbedienza, al rispetto e al disprezzo verso tutti gli oppositori del Regime, e di preparare i ragazzi alla guerra e al sacrificio. Il Regime non lasciò nulla al caso. La propaganda si estese anche sul materiale scolastico, come ad esempio i quaderni; anche questi ultimi si inseriscono in un programma rieducativo. Numerosi illustratori italiani come ad esempio Antonio Rubino, vennero arruolati per creare nuove copertine per i quaderni capaci di spiegare ai bambini l’ideologia fascista.   Angiolo Silvio Novaro, Il libro della IV classe elementare: letture, Roma, La Libreria Dello Stato, 1930. Collocazione: 34. B. 10399    
image of Il romanzo di formazione fascista per ragazzi
Il romanzo di formazione fascista per ragazzi
L’attenzione posta dal Regime sull’editoria per i più giovani portò alla nascita del “romanzo di formazione fascista”. I protagonisti erano bambini e ragazzi di ogni estrazione sociale che incarnavano tutti gli ideali perseguiti del Regime: spesso prendevano parte a guerre e battaglie e la loro formazione come adulti passava attraverso prove di coraggio e esperienze dolorose ma altamente formative. Il giovane lettore, anche se non aveva vissuto personalmente questi avvenimenti, empatizzava con il protagonista e riusciva ad immedesimarsi sentendosi coinvolto fino a far sue le idee del giovane eroe di carta.Nel 2024, in occasione della Bologna Children’s Book Fair, la Biblioteca dell’Archiginnasio ha curato una mostra intitolata L’avventura disegnata. Viaggi, peripezie e racconti sensazionali nelle illustrazioni dei libri per l’infanzia: 1900-1950. In quell’occasione sono stati esposti alcuni esemplari di romanzi pubblicati sotto il ventennio come Saettino purosangue meneghino di Gino Chelazzi - libro che, dopo la caduta del Fascismo, venne ritirato dal commercio - o come Il circo Barletta della francese Myriam Catalany, che, nonostante le camicie nere indossate dei personaggi, venne ristampato nel 1953 con alcune modifiche del testo: il «balilla moschettiere» del 1938 lasciò il posto, nel 1953, a un coraggioso scout «capo pattuglia dell’A.S.C.I.».Stessa sorte toccò a Avanti ad ogni costo! di Alfredo Confidati, pubblicato una prima volta nel 1941. Nell’edizione del 1947 il capitolo finale Il premio del Duce venne cancellato, così come tutti i riferimenti a Italo Balbo e a Benito Mussolini.   Chelazzi Gino, Saettino, puro sangue meneghino, Firenze, A. Salani, 1937. Collocazione: 34. B. 9513    
image of LA RIVINCITA DI YAMBO
LA RIVINCITA DI YAMBO
Enrico Novelli in arte Yambo (1874-1943) è uno dei più prolifici autori di libri per ragazzi a cavallo tra due secoli. Personalità eclettica, la sua carriera si snoda tra il mondo del teatro, quello letterario, quello dell'illustrazione, della satira, del giornalismo e anche del cinema. I suoi scritti sono per lo più di natura puramente fantastica. È da considerarsi uno dei precursori del genere fantascientifico in Italia. Sebbene i suoi mondi e i suoi personaggi siano surreali e utopici, è un autore ironico e irriverente che strizza l’occhio anche alle vicende politiche del suo tempo. Nel 1909 scrisse il romanzo La rivincita di Lissa, ambientato in un futuro prossimo: l’eroe è il Capitano Nero che per vendicare la sconfitta subita dagli italiani a Lissa organizza una serie di cospirazioni. Aiutato da alcuni patrioti italiani residenti nei Balcani, e servendosi di un maestoso dirigibile, provocherà una guerra tra l’Italia e l’Austria dell’Imperatore Francesco Giuseppe, detto Cecco Beppe.Il romanzo nel 1911 subì una condanna in contumacia da parte dell'Imperial Regio Governo di Vienna per istigazione all’irredentismo e venne così messo all’indice in Austria.Anche in Italia il libro non fu ben accolto. Yambo in occasione della ristampa del 1929 scrisse di suo pugno una prefazione in cui raccontò la vicenda:   Inutile dire che l’opera modesta mi procurò un sacco di noie da parte del Governo Italiano, il quale cominciò con l’ordinare il sequestro dei manifesti, perchè rappresentavano Cecco Beppe a colloquio con un fantasma: e poi ammonimenti, e severi consigli di moderazione e pratiche per impedire la distribuzione del libro. In Austria, naturalmente, il romanzo venne messo all’Indice, e io fui segnato tra le persone che non potevano oltrepassare la frontiera dell’Impero, senza dover fare i conti con la polizia austriaca. La rivincita di Lissa sconfisse la censura e venne ristampato nel 1929. Sebbene il libro non sia un'opera apertamente fascista, anticipava i valori e le motivazioni del Regime: una comunità fondata sulla gerarchia che ha cieca fede nel proprio Capo, un condottiero capace di salvare l’intera nazione dalla decadenza e dalla corruzione, la ferrea disciplina.     Yambo, La rivincita di Lissa, Milano, Vallardi, 1932. Collocazione: SACCENTI. Gc. 425  
image of GORIZIA FIAMMEGGIANTE
GORIZIA FIAMMEGGIANTE
Se La rivincita di Lissa venne riabilitato e ristampato durante gli anni del fascismo, sorte inversa toccò a un’altra opera di Yambo: Il figlio del Tricolore. Trilogia di propaganda scritta e illustrata da Yambo e pubblicata nel 1917, era composta da: Gorizia fiammeggiante, Le aquile d’Italia e Il mistero della valle delle rose.In Gorizia fiammeggiante il protagonista Tonino è un ragazzino orfano di quindici anni che aiuta una pattuglia di soldati italiani a penetrare nella città di Gorizia, occupata dalle truppe austriache, attraverso un cunicolo nascosto. Tonino diviene protagonista di numerose avventure dallo sfondo bellico, rischiando anche la propria vita. Nell’illustrazione di copertina Yambo rappresenta Tonino come un ragazzo-soldato con indosso un'uniforme improvvisata. In mano stringe l’aquila austro-ungarica nel gesto di ucciderla a manganellate. Il governo fascista, nonostante Yambo fosse un autore ideologicamente vicino al fascismo (ad esempio: Ciuffettino, uno dei protagonisti dei romanzi di Yambo più amati dai ragazzi, in Ciuffettino Balilla del 1931 interiorizza tutti i temi cari al Regime) decise nel 1939 di censurare il libro e vietarne la diffusione in omaggio all'alleanza italo-germanica.    Yambo, Il figlio del tricolore.Grande romanzo d’avventure di guerra. Vol.1. Gorizia fiammeggiante, Ostiglia, La scolastica, [ante 1939]. Collocaziane:12. K. II. 94  
image of AGGIRARE LA CENSURA
AGGIRARE LA CENSURA
È possibile aggirare la censura?Durante il ventennio fascista alcune pubblicazioni considerate antifasciste, sovversive o antinazionali erano spesso pubblicate illegalmente e distribuite clandestinamente. Possiamo definire queste opere “libri segreti”.In occasione della già citata mostra L’avventura disegnata, la Biblioteca dell'Archiginnasio ha esposto uno di questi libri: l’opera antinazista Confidenze di Hitler di Hermann Rausching. L’autore conobbe di persona Adolf Hitler, avendo in un primo momento aderito al nazismo, ma deluso dal movimento divenne un dissidente e scrisse questo libro-denuncia contenente discorsi inediti che il Führer tenne privatamente ai suoi collaboratori più stretti.Nel 1944 negli ambienti antifascisti veneti venne stampato il libro di Rauschning. Per favorire la circolazione clandestina nell’Italia settentrionale occupata, la copertina del volume venne celata da una innocua sovraccoperta, illustrata da Amleto Sartori, che riportava come titolo Le avventure di Pinocchio e come autore C. Collodi. Il libro venne così occultato dalla copertina “innocente” di un diffusissimo romanzo per bambini, che rendeva più facile la sua circolazione.Dell'edizione originale si sono salvate pochissime copie. L’Università di Padova ha digitalizzato il manoscritto, incompleto, della traduzione che venne stampata in quell’occasione. Nel 1974 la casa editrice Erredicci ha pubblicato una ristampa anastatica dotata di sovraccoperta originale.    Rauschning Hermann, Confidenze di Hitler, Padova, Erredicci, 1974. Collocazione: 35. A. 26634 L’esemplare posseduto dall’Archiginnasio è privo della sovraccoperta “pinocchiesca”. Ringraziamo la Biblioteca dell’Istituto Storico Parri di Bologna per avercene fornito una riproduzione.  
image of Fascisti sulle nuvole(tte)
Fascisti sulle nuvole(tte)
Nel 2013 Antonio Faeti ha raccontato la sua «educazione sentimentale compiutasi per mezzo, o forse anche a causa, dei fumetti» in La storia dei miei fumetti. Umberto Eco aveva fatto la stessa cosa in un romanzo del 2004, La misteriosa fiamma della regina Loana. Come loro migliaia di giovani nella prima metà del Novecento si formarono leggendo fumetti. Nonostante alcuni critici stigmatizzassero il fumetto come forma di lettura “inferiore” in quanto prevalentemente disegnata e con poco testo - e quindi troppo “facile” per educare i giovani - il Partito Fascista fece spesso uso del linguaggio fumettistico (con le tradizionali nuvolette, ma spesso nella versione con didascalie a fondo vignetta) per rivolgersi alla popolazione giovanile. Ne vediamo un esempio nella pagina a fianco: una tavola a fumetti, nel 1923, celebra il primo anniversario del periodico ufficiale dei Gruppi Balilla, il «Giornale dei Balilla». Il numero da cui è tratta questa tavola è l’unico che risulta conservato nelle biblioteche del Polo Bolognese. Significativo anche l’uso delle vignette in periodici non direttamente pubblicati dal Partito, ma che - per convinzione o per non incorrere in problemi censori - si adeguavano alle direttive e promuovevano i valori fascisti con tavole illustrate. Si veda il caso del Balilla Gruzzolino, personaggio che compare su «Il piccolo risparmiatore», rivista edita dalla Federazione delle Casse di Risparmio dell'Emilia e in cui a Libro e moschetto, capisaldi dell’educazione scolastica fascista, viene affiancato un buon libretto di risparmio. Anche sul bollettino informativo della società Ducati «Ducati normali» troviamo tavole a fumetti, come quella datata 5 gennaio 1942 dal titolo Dielettrino eroe del mare, in cui il giovane Dielettrino - vero e proprio supereroe, con tanto di divisa che lo rende invulnerabile alle folgorazioni elettriche - sconfigge gli inglesi e si impadronisce della loro nave. Il fumetto però a un certo punto generò sospetto non tanto perché, come detto prima, considerato di qualità letteraria inferiore rispetto a un testo solo scritto, ma perché si trattava di un prodotto strettamente legato al mondo americano. Le prime, blande forme di censura sfoceranno poi in un vero e proprio bando contro i fumetti provenienti da oltre oceano.   Il primo anniversario del “Balilla”, in «Giornale dei Balilla. Periodico ufficiale dei Gruppi Balilla», II, n. 53, 18 febbraio 1924. Collocazione: SORBELLI Caps. 16 Opusc. 55  
image of Autarchia a fumetti
Autarchia a fumetti
«I fumetti erano vietati [...] e i professori pensavano che nessuno di noi avrebbe dovuto leggerli. Li chiamavano “spazzatura”, “propaganda americana”, o questo genere di cose».   La frase appena letta potrebbe raccontare una storia ambientata in Italia negli anni Quaranta del Novecento. Invece, la piccola ellissi segnalata dalle parentesi va riempita con le parole «in Ungheria». La citazione infatti è tratta da Lo spacciatore di fumetti, romanzo per ragazzi in cui Pierdomenico Baccalario racconta le peripezie di un giovane che, appunto, spaccia fumetti a Budapest, sul finire degli anni Ottanta. Ma quella piccola ellissi potrebbe essere riempita col nome di tanti altri luoghi perché spesso i fumetti hanno subito imposizioni censorie molto importanti, che se non arrivavano a vietarli ne limitavano notevolmente la libertà (negli stessi Stati Uniti, patria d’elezione della letteratura disegnata nella prima metà del secolo, il Comics Code Authority a metà degli anni Cinquanta imporrà agli editori di fumetti di apporre sulle loro pubblicazioni un bollino di approvazione rilasciato da quella che era a tutti gli effetti una commissione censoria). Nell’Italia degli anni Trenta riviste come «L’Audace» e case editrici come la Nerbini avevano portato in Italia gli eroi dei comics americani, ma presto il Regime iniziò a guardare agli albi a fumetti con sospetto, come fossero pericolose fonti di americanizzazione della società. L’affermazione dei racconti a vignette viene raccontata in maniera precisa ed esaustiva nel volume Eccetto Topolino. Lo scontro culturale tra fascismo e fumetti di Fabio Gadducci, Leonardo Gori e Sergio Lama. Il titolo del volume allude al fatto che alla fine degli anni Trenta venne proibita la pubblicazione di qualunque fumetto proveniente da oltreoceano, con l’unica eccezione di quelli Disney e in particolare del topo più famoso del mondo. L’aneddoto che la scelta fosse stata imposta dal Duce in persona per accontentare il figlio Romano, amante di Topolino, «sembra avere una sua fondatezza» ma «pare evidente che sia soprattutto l’azione combinata dei vari partner commerciali  [...] a far sì che Topolino & C. siano esclusi dai provvedimenti ministeriali» (ivi, p. 199, 200). Eccetto Topolino riporta l’intervista su questi temi rilasciata da Romano Mussolini a Francesco De Giacomo nel 1995 (p. 459-463). Dal 1940 il blocco delle pubblicazioni riguardò anche i personaggi Disney. Ma prima di arrivare a queste soluzioni drastiche, nel terzo decennio del Novecento le modifiche erano state più limitate. La più frequente, di cui abbiamo testimonianza nell’albo La pattuglia dell’avorio che vediamo a fianco, era la sostituzione dei nomi americani dei personaggi con nomi italiani. Pubblicato in Italia nel 1935, fa parte della serie delle avventure di Cino e Franco, che traducevano nella nostra lingua i nomi di Tim e Spud, protagonisti dei comics scritti e disegnati da Lyman Young (ma moltissimi autori lavoravano anonimamente a queste pagine) col titolo originale Tim Tyler’s Luck. Una tipica serie avventurosa per ragazzi, in cui due orfani affrontano peripezie rocambolesche. A questa serie appartiene l’episodio La misteriosa fiamma della regina Loana che regalò a Umberto Eco il titolo per il romanzo citato nella scheda precedente. A un certo punto, come testimoniato in più casi da Eccetto Topolino, gli editori arrivarono a cancellare i nomi degli autori americani - ancor più se nomi palesemente ebraici - con nomi di autori italiani, reali o fittizi, per sfuggire alla censura del Regime.   Lyman Young, La pattuglia dell'avorio. Avventure di Cino e Franco, Firenze, Nerbini, 1935. Collocazione: NOCERA L. 504
image of Il Convegno nazionale per la letteratura infantile e giovanile di Bologna
Il Convegno nazionale per la letteratura infantile e giovanile di Bologna
Concludiamo questa panoramica dedicata alla letteratura per i più giovani ricordando quello che fu il momento più importante di definizione teorica dei criteri di intervento della censura nelle varie pubblicazioni per ragazzi, cioè il Convegno nazionale per la letteratura infantile e giovanile che si tenne a Bologna il 9 e 10 novembre 1938, organizzato dal Sindacato Nazionale Fascista Autori e Scrittori e dell’Ente Nazionale per le Biblioteche Popolari e Scolastiche. Questo evento fu l’occasione in cui vennero formalizzati e avallati dalla presenza dei più importanti studiosi del tempo criteri di valutazione che da anni guidavano l’agire della censura di governo, in particolare il fatto che i testi dovevano trasmettere i valori fascisti a cui abbiamo già accennato e l’ostracismo per autori americani e inglesi, accusati di diffondere idee e modi di vita contrari a quelli che dovevano guidare l’educazione dei giovani fascisti. Eccetto Topolino dedica al convegno bolognese un capitoletto (p. 185-188) in quanto è stato proprio questo «l’evento che la pubblicistica posteriore ha maggiormente legato al bando del fumetto» (ivi, p. 185). Infatti:   «Subito dopo la fine del convegno, il ministro [della cultura popolare, n.d.r.] Alfieri convoca tutti gli editori e tutti i direttori dei giornali per ragazzi e impartisce loro le seguenti direttive: “Abolizione completa di tutto il materiale d’importazione straniera, facendo eccezione per le creazioni di Walt Disney, che si distaccano dalle altre per il loro valore artistico e per sostanziale moralità, e soppressione di tutte quelle storie e illustrazioni che si ispirano alla produzione straniera» (ivi, p. 187).   Il fumetto, a Bologna, venne criticato (non da tutti i partecipanti) anche perché considerato forma di letteratura “inferiore” in quanto la parola perdeva importanza a discapito dell’immagine, ma la maggior parte dell’enfasi fu posta sulla provenienza americana di gran parte dei prodotti e quindi sulla diffusione di valori contrari a quelli del Fascismo. In realtà il convegno ebbe esclusivamente la funzione di «dare una parvenza di autorevolezza scientifica ai provvediamenti già decisi - e comunicati agli interessati - nei mesi precedenti» (ibidem). L’evento bolognese ricevette una copertura di stampa ben superiore alla media per occasioni di questo tipo e l’anno successivo ne vennero pubblicati gli atti, di cui vediamo a fianco il frontespizio.   Convegno nazionale per la letteratura infantile e giovanile. Bologna 1938-XVII. Relazioni, Roma, [s.n.], 1939. Collocazione: SORBELLI A. 342
image of L'ultima estate di Federico Garcia Lorca
L'ultima estate di Federico Garcia Lorca
In Europa, tra le due guerre mondiali, la minaccia che gravava sugli autori sgraditi ai regimi o ai movimenti politici paramilitari non consisteva solamente in provvedimenti di censura o critiche a mezzo stampa. Nella Spagna sul baratro della guerra civile, il poeta e drammaturgo Federico Garcia Lorca (1898-1936) raccolse successi e aperte ostilità, raggiunse la fama internazionale e venne censurato, fino alla morte violenta.Divenne noto al grande pubblico grazie alla raccolta di poesie Romancero gitano (1928), ma volle allontanarsi subito dalla detestata etichetta di cantore del folklore tradizionale andaluso: per lui lo studio delle tradizioni era uno dei mezzi  per toccare temi universali come il legame tra amore e morte, l’illusione di essere artefici del proprio destino, l’autoritarismo della società patriarcale, la repressione delle pulsioni sessuali. L’urto con la morale conservatrice radicata nella società e nelle istituzioni spagnole giunse così molto presto.Durante la dittatura del generale Miguel Primo de Rivera (1923-1930) la prima rappresentazione pubblica dell’opera teatrale Amor de Don Perlimplin, amara commedia sull’amore non corrisposto, venne proibita. Il 6 febbraio 1929 la polizia si presentò al teatro Rex di Madrid durante le prove, sequestrò manoscritto e copioni, quindi impose la chiusura dell’edificio. Per quattro anni i testi rimasero sotto chiave nella Sezione Pornografia della Direzione Generale per la Sicurezza perché la narrazione trattava il tradimento coniugale e l’impotenza sessuale maschile. Solo nel 1933, terminata la dittatura, la regista Pura Maourtua riuscì a recuperare una delle copie sequestrate e divenne possibile rappresentare in pubblico il Don Perlimplin. Il 1° maggio di quell’anno, Lorca firmò un manifesto di solidarietà agli intellettuali tedeschi minacciati dal nazismo. Moltiplicò le sue prese di posizione politiche in pubblico mentre omicidi politici, voci di colpo di stato e stragi di civili esasperavano la contrapposizione tra destra e sinistra negli anni della seconda repubblica spagnola. Nel 1935 aderì a un nuovo manifesto antifascista, quindi sostenne apertamente il Fronte popolare, la coalizione dei partiti di sinistra che vinse le elezioni del 16 febbraio 1936.Intanto aveva raggiunto notorietà internazionale e le rappresentazioni teatrali di opere come Yerma e Nozze di sangue riscuotevano un enorme successo. Il 19 giugno terminò il manoscritto del dramma considerato da molti il suo capolavoro: La casa di Bernarda Alba, opera che Lorca non riuscì a vedere rappresentata in teatro. Il colpo di stato militare del 17 luglio e l’inizio della guerra civile, infatti, lo sorpresero a Granada, città caduta immediatamente sotto il controllo dei militari golpisti e delle milizie della destra nazionalista. Dopo aver subito minacce e aggressioni per le sue posizioni politiche e per la sua omosessualità, cercò rifugio in casa di amici vicini agli ambienti reazionari, ma fu inutile: arrestato da miliziani nazionalisti, venne condotto nella località di Viznar e fucilato all’alba del 19 agosto 1936 insieme ad altri tre detenuti politici, un socialista e due anarchici. I cadaveri, gettati in una fossa comune, non sono mai stati ritrovati.    Ritratto fotografico di Federico Garcia Lorca Federico Garcia Lorca, Romancero gitano (1924-1927), Buenos Aires, Losada, 1946. Collocazione: VECCHIETTI 412
image of La ladra di libri: non tutti i furti sono uguali
La ladra di libri: non tutti i furti sono uguali
Nel 2006 Markus Zusak, noto autore di libri per ragazzi, pubblicò The book thief, tradotto in italiano come La bambina che salvava i libri: la protagonista, una bambina tedesca di nome Liesel, è testimone dell’avvento del nazismo e assiste ad uno dei tanti roghi di libri che si svolsero nelle piazze tedesche (online è possibile visualizzare la mappa completa dei roghi). Quando le fiamme si spengono, Liesel “ruba” il secondo libro della sua vita estraendolo ancora fumante dal cumulo incenerito. Nel 2013 dal libro è stato realizzato un film di Brian Percival, in cui la ricostruzione del rogo a cui assiste Liesel è realizzata con grande efficacia.   Markus Zusak, La bambina che salvava i libri, Milano, Frassinelli, 2007. Collocazione: BALSAMO A. 263
image of Non leggete i libri degli eretici!
Non leggete i libri degli eretici!
La biblioteca dell’Archiginnasio possiede un esemplare del libro di Markus Zusak, La bambina che salvava i libri, conservato nel fondo BALSAMO: si tratta di uno dei libri provenienti dalla biblioteca personale di Luigi Balsamo (1926-2012), uno dei più importanti studiosi della storia del libro in Italia.Balsamo si è occupato anche del tema della censura, descrivendo in particolare il caso di una delle prime e più famose bibliografie universali, e nello specifico dell’esemplare conservato in Archiginnasio di cui vediamo a fianco il frontespizio: la Bibliotheca Universalis di Conrad Gesner pubblicata a Zurigo nel 1545. Lo studioso italiano ne scrive in un articolo pubblicato nel 1976 su «Gutenberg-Jahrbuch», intitolato Bibliografia e censura ecclesiastica. A proposito dell’esemplare linceo della “Bibliotheca universalis” di Konrad Gesner (p. 298-305).Un anonimo censore scrive un’ampia nota manoscritta sulla parte superiore del frontespizio del primo volume, con la quale si rivolge al lettore mettendolo in guardia dagli autori eretici presenti nella bibliografia. Altre note manoscritte presenti sul frontespizio introducono la castigatio del volume, che consiste nel cancellare con inchiostro o coprire con pezzetti di carta le parti da censurare, arrivando anche ad incollare intere pagine per sottrarle alla lettura, come nel caso delle pagine dedicate a Lutero, operazione che ha reso necessario il restauro e il distacco dei fogli incollati.Balsamo rileva che certamente a Gesner sarebbero dispiaciuti questi interventi della censura ecclesiastica, ma ancora di più l’avrebbe sconfortato il sapere che la sua bibliografia sarebbe servita ai censori per aggiornare i titoli inseriti nell’Indice dei libri proibiti dalla Chiesa cattolica. Su questo strumento di censura non ci soffermeremo perché il discorso sarebbe troppo ampio, segnaliamo solamente il volume La fabbrica dei divieti. Gli indici dei libri proibiti da Clemente VIII a Benedetto XIV scritto dalla bibliotecaria e oggi responsabile della Biblioteca dell’Archiginnasio, Elisa Rebellato, che ripercorre la storia degli Indici dal 1596 al 1758 e contiene anche una bibliografia delle diverse edizioni.   Konrad Gesner, Bibliotheca universalis…, Tiguri, apud Christophorum Froschouerum, 1545.Collocazione: 15. B. III. 4 
image of Bibliotecari eretici (con 500 anni di ritardo)
Bibliotecari eretici (con 500 anni di ritardo)
Forse cinque secoli fa alcuni bibliotecari dell’Archiginnasio sarebbero stati accusati di eresia per avere svolto coscienziosamente il proprio lavoro. Per raccontare questa storia ci concediamo uno strappo alla regola e presentiamo l’immagine del frontespizio di un documento che non appartiene alla nostra biblioteca ma che è emerso proprio grazie a un lavoro realizzato dall’Archiginnasio alcuni anni orsono. Il documento è un esemplare della prima edizione - stampata a Venezia nel 1543 da Bernardino Bindoni - di Il Beneficio di Cristo, trattatello anonimo immediatamente sospettato di eresia e ben presto finito nelle prime edizioni dell’Indice dei libri proibiti, per poi rimanervi in pianta stabile. La censura contro quest’opera è stata così violenta e spietata che non si conosceva nessun esemplare di questa prima edizione fino al XIX secolo, quando ne venne individuato uno oggi conservato presso la biblioteca del St John’s College dell’Università di Cambridge. I bibliotecari dell’Archiginnasio ne hanno individuato un secondo esemplare - di cui appunto qui vediamo il frontespizio - nel catalogo della Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel in Germania. Da quel momento la versione digitale di questo esemplare è integralmente disponibile online, per concessione della biblioteca che lo possiede. Se diffondere testi eretici è a sua volta comportamento passibile di un’accusa di eresia, confessiamo la colpa, contenti di avere avuto una dimostrazione concreta di come i lavori della censura possono essere utili proprio a estrarre dall’oblio i libri censurati. Questa scoperta è stata compiuta durante la mostra che nel 2019 la Biblioteca dell’Archiginnasio ha dedicato al romanzo Q di Luther Blissett nel ventennale della sua pubblicazione, testo in cui il tema censorio ha una rilevante importanza. La mostra, oggi disponibile online, si intitola Come un incendio d’estate secca e ventosa. Vent’anni di Q, un libro rivoluzionario tra storia della stampa e Riforma (qui il trailer) e contiene una sezione dedicata a Il Beneficio di Cristo in cui è possibile reperire ulteriori informazioni. Sul canale YouTube della nostra biblioteca si trova il video del convegno di inaugurazione della mostra, dal titolo Vent'anni di Q. Sul rapporto tra ricerca storica e narrativa, tenutosi nella Sala dello Stabat Mater il 4 giugno 2019. Al convegno hanno partecipato Carlo Ginzburg, Adriano Prosperi e il collettivo Wu Ming, eredi di Luther Blissett, che nell’occasione ha apposto la sua dedica sul frontespizio dell’edizione del romanzo uscita proprio in occasione del ventennale della pubblicazione (qui ne vediamo la sovracoperta). Della mostra è stato pubblicato il catalogo, Come un incendio d'estate secca e ventosa. Vent'anni di Q, un libro rivoluzionario tra storia della stampa e Riforma, integralmente consultabile online. Recentemente il collettivo Wu Ming ha donato alla Biblioteca dell’Archiginnasio alcuni dei suoi libri, fra cui diverse edizioni straniere di Q. La mostra conteneva una sezione dedicata alle traduzioni del romanzo, a cui aggiungiamo qui la lista delle edizioni possedute dalla nostra biblioteca.
image of Jorge da Burgos, censore bibliofago
Jorge da Burgos, censore bibliofago
Quando nel 1999 uscì Q, in molti - per scherzo o per convinzione - ipotizzarono che dietro la firma collettiva Luther Blisset fosse celato Umberto Eco. Il riferimento era naturalmente a Il nome della rosa, che quasi 20 anni prima aveva toccato alcuni temi presenti anche nel romanzo più recente, a partire proprio da quello della censura. Nel testo del professore di Alessandria il grande censore è Jorge da Burgos, che pur di distruggere l’unica copia rimasta del secondo libro della Poetica di Aristotele arriva a divorarlo come Giovanni nell’Apocalisse (10, 9-10). Un’operazione censoria così ben riuscita che oggi, direbbe qualche complottista degno di un altro romanzo di Eco, siamo convinti che quel libro non sia mai esistito... La biblioteca dell’Archiginnasio ha dedicato a Il nome della rosa una gallery documentaria analoga a quella che state sfogliando, nella quale chi ne avesse voglia potrà trovare ulteriori spunti sul tema della censura del libro, della paura della diffusione del sapere e delle motivazioni per cui qualcuno è disposto a bruciare una biblioteca. Il nome della rosa è stato il primo dei libri letti dal Gruppo di lettura “Alphaville” all’interno di Lector in Fabula, il percorso dedicato alla lettura di alcuni testi di Umberto Eco che abbiamo realizzato da gennaio a giugno 2025.   Albrecht Dürer, [Giovanni divora il libro], [Norimberga, s.n., 1511], xilografia, 372x261 mm. Collocazione: AA. VV. Cart. III n. 12
image of Al rogo l'utile col diletto
Al rogo l'utile col diletto
Non un cappio ma un braciere l'inconsueta arma che il boia dovette usare per eseguire la sentenza di condanna al rogo di un mazzo di carte contenuta nell'Editto del cardinal Legato Tommaso Ruffo pubblicato il 12 settembre 1725. Il patrimonio dell'Archiginnasio testimonia come la censura colpisse anche documenti non librari. La biblioteca possiede ben tre esemplari di un rarissimo mazzo di carte da gioco che intreccia il gioco dei tarocchi con la geografia di tutto il mondo e i blasoni e le insegne nobili di Bologna, inventato dal canonico Luigi Montieri e prodotto dallo stampatore Lelio Dalla Volpe, nella cui bottega sotto il Portico della Morte si riuniva un cenacolo culturale estremamente vivace. L'intento pedagogico appare chiaro fin dal titolo: L'utile col diletto, o sia geografia intrecciata nel giuoco de tarocchi con le insegne degl'illustrissimi, ed eccelsi signori gonfalonieri, ed anziani di Bologna dal 1670, fino al 1725 (il mazzo è integralmente visibile online). Le ragioni della condanna alla distruzione di un mazzo di carte ritenute piene di «... mille irregolarità vane, ed improprie idee, degne del più esemplare castigo...» si trovano nella carta numero 21, dove il governo di Bologna viene definito «misto». La definizione non è nuova, per la verità, ma affonda le sue radici nei Capitoli di papa Niccolò V del 1447, nei quali si sancisce che il governo della città dovesse essere esercitato dal Legato papale con il consenso delle magistrature cittadine. Proverbiale il detto «Nulla può il Legato senza il Senato, nulla il Senato senza il Legato». Colpisce la volontà di corredare uno di questi mazzi con la trascrizione manoscritta dell'editto che lo condanna alla distruzione, che vediamo nell’immagine a fianco.   L'utile col diletto, o sia geografia intrecciata nel giuoco de tarocchi con le insegne degl'illustrissimi, ed eccelsi signori gonfalonieri, ed anziani di Bologna dal 1670, fino al 1725, Bologna, per il Bianchi, alla Rosa, 1725.1 mazzo di carte da gioco + 1 opuscolo Collocazione: 16. Q. V. 03
image of Renzo Renzi e L'armata s'agapò
Renzo Renzi e L'armata s'agapò
L'attività censoria non è stata mai limitata ai libri, ogni espressione del pensiero e dell'arte è stata colpita: la musica, la scultura, la pittura, la fotografia e in seguito la radio, la televisione e infine il web. E naturalmente la settima arte, il cinema, che ha avuto una enorme diffusione per tutto il Novecento, subendo innumerevoli interventi censori, sequestri e distruzioni di pellicole (si veda il ricchissimo archivio La censura cinematografica in Italia dal 1944 al 2021, curato da Fondazione Changes in partenariato con numerosi atenei fra cui l’Università di Bologna). Proponiamo su questo tema un esempio strettamente legato alla città di Bologna, in cui la censura preventiva fu così forte che il film progettato non potè mai essere realizzato. L’1 febbraio 1953, sul quarto fascicolo della rivista «Cinema Nuovo», Renzo Renzi - scrittore e critico cinematografico, uno dei fondatori della Cineteca di Bologna - pubblicò un articolo dal titolo L’armata s’agapò, all’interno della sezione Proposte per film. Nell’articolo Renzi propose l’idea per un film, che non fu mai fatto e che lui stesso definì “proibito”, sull’occupazione militare italiana in Grecia. Secondo il critico: «il film potrebbe essere un esame di coscienza, una condanna della guerra e insieme un atto di fratellanza verso un popolo come quello greco, nei confronti del quale abbiamo molti debiti». L’espressione dalla quale fu tratto il titolo del film (in greco, infatti, s’agapò significa ti amo) fu usata dalla propaganda inglese nei confronti dell’occupazione militare in Grecia, in riferimento alle relazioni tra i soldati italiani e le donne greche, le quali versavano in gravi condizioni di povertà e fame. Il film proposto avrebbe sostenuto valori di antieroismo e di antifascismo, in completa opposizione ai coevi film di guerra di produzione nazionale, i quali, secondo il critico, ostentavano una narrazione celebrativa e imperalista, senza alcuna esplicita condanna delle atrocità della guerra. La proposta di Renzi, rivolta ad un limitato pubblico all’interno dei discorsi sul cinema italiano, portò ad una denuncia nei suoi confronti e del direttore editoriale della rivista Guido Aristarco, entrambi ex ufficiali in Grecia durante l’occupazione italiana. I due furono così arrestati con l’accusa di “vilipendio delle Forze Armate” e dopo un mese processati dalla corte militare di Milano, in conformità con la legge che all'epoca si applicava anche ai militari in congedo. Il processo si concluse con una condanna a sette mesi di reclusione per Renzi e sei mesi per Aristarco. Tuttavia, entrambi furono immediatamente rimessi in libertà in virtù dei benefici previsti dalla legge. Nell’articolo, Renzi definì il film “proibito” in riferimento non soltanto al divieto di trattare la guerra da una prospettiva critica, ma anche alle leggi sulla censura in campo cinematografico. Le aree di intervento richieste dalla legge sulla censura cinematografica nel 1953 risalgono ancora al Regio Decreto del 1923, che esplicitamente vietava la riproduzione di scene, fatti e soggetti che, tra le altre cose, fossero «contrari alla reputazione ed al decoro nazionale ed all'ordine pubblico, ovvero che possano turbare i buoni rapporti internazionali». Il caso di L’armata s’agapò mette in luce le articolate dinamiche della censura cinematografica italiana nei primi anni Cinquanta, in cui il cinema di guerra assumeva una funzione istituzionale volta a preservare l’idea di eroismo militare mentre la proposta di Renzi, si collocava, invece, in netto contrasto con tale retorica. Un simile progetto, nato in consapevole opposizione ai limiti imposti dalla censura, difficilmente avrebbe potuto superare il vaglio delle commissioni o ottenere un  sostegno produttivo. Infatti, nello stesso anno, un altro film sullo stesso argomento restò nel cassetto: la sceneggiatura proposta da Sandro De Geo, Ennio Flaiano e Alberto Moravia intitolata S’agapò e ispirata al libro Sagapò di Renzo Biasion, uscito nello stesso anno. In seguito, nel 1990 il romanzo ha liberamente ispirato il film Mediterraneo di Gabriele Salvatores.   Renzo Renzi, L’armata s’agapò, «Cinema nuovo», II, 1 febbraio 1953, n. 4, p. 73-75. Collocazione: FORCONI H. 53 (1953)
image of La letteratura russa riscalda
La letteratura russa riscalda
In una nuova eventuale edizione di Maledizioni. Processi, sequestri e censure a scrittori e editori dal dopoguerra a oggi, anzi a domani, di Antonio Armano, difficilmente potrebbe mancare l’episodio dell’annullamento delle lezioni che Paolo Nori avrebbe dovuto tenere nel marzo del 2022 all’Università Bicocca di Milano su Fëdor Dostoevskij, come “effetto” dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. L’episodio fece molto scalpore, provocò un dibattito molto ampio ma Nori, che aveva pubblicato nel 2021 Sanguina ancora. Romanzo. L'incredibile vita di Fëdor Michajlovič Dostoevskij si rifiutò di tenere le lezioni nonostante il dietrofront dell’Università. Nori avrà pensato che fossero un po’ matti, e certo avrebbe inserito chi prese la decisione di annullare le sue lezioni nel Repertorio dei matti della città di Milano, da lui curato nel 2015.Nel Repertorio dei matti della città di Bologna, sempre curato da Nori nello stesso anno, alle p. 148-149 compare un matto che legge i principali autori russi ed è al contempo strettamente legato al tema dei roghi dei libri:   Uno frequentava una libreria fuori Murri, assomigliava un po’ a Erri De Luca, baffi e capelli bianchi, segaligno e dall’aria elegante. La prima volta che era entrato aveva chiesto dov’erano i classici e ne era tornato con una copia di Anna Karenina; qualche tempo dopo nella stessa libreria, si era diretto allo stesso scaffale, stavolta senza chiedere, e aveva comprato Delitto e castigo, poi era stata la volta de I fratelli Karamazov, poi Guerra e pace, poi L’idiota. Comprava un libro al mese, o forse anche un po’ più spesso, e la volta che si era presentato alla cassa con I racconti di Kolyma il libraio aveva provato a fare due chiacchere: “Anche a lei piace la letteratura russa, vedo”. “Non particolarmente, è che a casa non ho il riscaldamento ma solo una stufetta e questi libri hanno un doppio utilizzo: ogni pagina che leggo la brucio direttamente”.   Repertorio dei matti della città di Bologna, a cura di Paolo Nori, Milano, Marcos Y Marcos, 2015.Collocazione: 17*. AA. 3835
image of Censurare il vero volto della guerra
Censurare il vero volto della guerra
Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque, uscito nel 1928, «era immediatamente diventato un successo internazionale: due anni dopo, Hollywood ne aveva tratto un film, All’Ovest niente di nuovo, che aveva vinto due premi Oscar» (Fabio Stassi, Bebelplatz, p. 71), censurato in epoca fascista e proiettato in Italia solo negli anni Cinquanta. Il messaggio pacifista e antimilitarista di All’Ovest niente di nuovo si può paragonare ad un altro capolavoro, Orizzonti di gloria, diretto da Stanley Kubrick nel 1957 (tratto dal romanzo Paths of glory di Humphrey Cobb), a sua volta censurato in Francia (narra episodi della Prima guerra mondiale sul fronte francese, indimenticabile la scena in cui il colonnello Dax, uno straordinario Kirk Douglas, percorre le trincee poco prima di un sanguinosossimo attacco alle linee tedesche) dove uscì solo nel 1975.Il libro di Remarque, di cui l’Archiginnasio conserva un’edizione del 1929 stampata a Berlino (a sinistra la copertina del testo), fu al centro di durissimi attacchi da parte dei nazisti, che naturalmente ne disprezzavano il contenuto antimilitarista e antinazionalista, e fu bruciato nelle piazze durante i roghi dei libri, i Bücherverbrennungen.Per chi voglia avere una conferma di quanto poco esaltante sia la guerra vera, è di grande interesse la lettura del Giornale di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda, dove l’entusiasmo per la guerra sperata e auspicata si scontra rapidamente con la durezza della vita nel fango delle trincee, con l’incompetenza dei generali e con l’avidità di chi specula sulle forniture essenziali per i soldati.Il Giornale di guerra uscì nel 1955, ma se fosse uscito prima, non avrebbe superato la censura fascista: Gadda descrive la realtà vera, ciò che non compare se non raramente nei romanzi e nei film.Ecco la descrizione dell’accampamento dei soldati:   «Merde: sono sparse, di tutte le dimensioni, forme, colori, d’ogni qualità e consistenza, nei d’intorni immediati degli accampamenti: gialle, nere, cenere, scure, bronzine; liquide, solide etc». (C.E. Gadda, Giornale di guerra e di prigionia, p. 240). Così scriveva Pasolini all’amico Luciano Serra nel febbraio-marzo 1944, dopo una breve fase in cui nelle sue lettere accennava alla volontà di arruolarsi come volontario e dopo aver avuto le prime concrete esperienze di vita militare:   «Non so se ci rivedremo, tutto puzza di morte, di fine, di fucilazione. […] La guerra puzza di merda». (Pier Pasolo Pasolini, Lettere 1940-1954, p. 190-191).   Erich Maria Remarque, Im Westen nichts Neues, Berlin, Im Propyläen Verlag, 1929.Collocazione: BIANCHI B. 2519
image of Anche un solo libro conta
Anche un solo libro conta
Nel capitolo Libri in guerra dell’opera di Lucien X. Polastron Libri al rogo. Storia della distruzione infinita delle biblioteche si affronta il tema della perdita di intere biblioteche per cause belliche. Gli esempi sono tantissimi, in ogni epoca. La Seconda guerra mondiale, ad esempio, fece strage di libri in Italia. Nel 1949 il Ministero della Pubblica istruzione rese noti i dati relativi ai danni subiti dalle biblioteche italiane: i libri distrutti e danneggiati furono circa 2.266.000, a cui si devono aggiungere circa 60.000 tra manoscritti e documenti (Direzione generale Accademie e Biblioteche, La ricostruzione delle biblioteche italiane dopo la guerra 1940-45, v. I, I danni, Roma, Palombi, 1955, p. 344-347). Si tratta purtroppo di dati molto sottostimati, in quanto non furono presi in esame i danni al patrimonio librario delle biblioteche popolari e scolastiche, delle biblioteche degli istituti universitari e delle innumerevoli raccolte librarie pubbliche e private diffuse su tutto il territorio nazionale. Un’immagine pubblicata sul volume Delenda Bononia mostra ad esempio una biblioteca privata rimasta incredibilmente intatta sotto i bombardamenti subiti da Bologna.Ma oltre alle massicce distruzioni di molte migliaia di libri dovute a bombardamenti e incendi per cause belliche - come avvenne a Sarajevo nel 1992, quando in una sola notte andò in fumo l’intera Biblioteca Nazionale - vi sono perdite, anche di un solo volume, che vale la pena ricordare perché rappresentano vuoti incolmabili che ci hanno privato del piacere e della curiosità della lettura di scritti a cui non potremo mai più accedere.Singolari ed emblematici sono ad esempio le perdite legate all'attività culturale di due intellettuali diversissimi tra loro, ma entrambi attivi a Bologna nei primi anni Quaranta: Goffredo Coppola e Pier Paolo Pasolini.   Lucien X. Polastron, Libri al rogo. Storia della distruzione infinita delle biblioteche, Milano, Sylvestre Bonnard, 2006.Collocazione: 20. G. 5234
image of Il secondo volume sul teatro di Aristofane
Il secondo volume sul teatro di Aristofane
Nel 1936 esce il primo volume di Goffredo Coppola (1898-1945) dal titolo Il teatro di Aristofane. Il manoscritto del secondo volume si suppone fosse conservato presso l’Hotel Astoria, di fronte alla stazione ferroviaria di Bologna, dove Coppola risiedeva. Per metterlo al sicuro dai bombardamenti che colpivano quell’area, Coppola sistemò le sue carte e i suoi libri in casse depositate nel magazzino di un amico, che venne però colpito dalle bombe. Nella confusione e tra le macerie, qualcuno si impossessò di parte dei documenti di Coppola, tra i quali probabilmente il manoscritto su Aristofane, che ricomparve in vendita da lì a poco in una libreria antiquaria bolognese, prima di sparire per sempre. Ma non è detto che un giorno non ricompaia.La vicenda è magistralmente raccontata da Luciano Canfora nel bellissimo Il papiro di Dongo, che si legge tutto d’un fiato nonostante le 812 pagine (introduzione esclusa), e in particolare nel cap. XXXI, Dispersione di un lascito.Goffredo Coppola, ultimo Rettore fascista dell’Università di Bologna, dichiaratamente antisemita e collaboratore dei nazisti, venne fucilato dai partigiani insieme ai principali gerarchi del Regime il 28 aprile 1945.   Goffredo Coppola, Il teatro di Aristofane, vol. I, Bologna, Zanichelli, 1936.Collocazione: SORBELLI. B. 591/1
image of Hops! Ho perso la tesi!
Hops! Ho perso la tesi!
Molti anni fa sulla cronaca locale de «Il Resto del Carlino» fu pubblicata la notizia di un giovane studente che aveva perso la tesi di laurea mentre percorreva le vie del centro cittadino.Da quando si usano i personal computer l’evento è più raro, ma quando ancora le tesi erano battute con la macchina da scrivere, il timore che per qualche ragione il dattiloscritto potesse andare perduto era sempre presente. Pier Paolo Pasolini è certamente la persona più nota a cui capitò di perdere l’unica copia della propria tesi, non ancora terminata, e questa storia ci riporta al tema della guerra e al fatto che il periodo bellico non è in genere il più favorevole agli studi, oltre a rappresentare un grande pericolo per la distruzione di biblioteche, laboratori, edifici universitari.Così Pasolini descrive la perdita della tesi in una lettera spedita da Casarsa all’amico Luciano Serra il 26 gennaio 1944:   «La tesi di laurea l’ho perduta a Pisa. La fuga da Livorno (dove avevo il fucile con la sicura tolta per far fuoco contro i Tedeschi) è stata romanzesca. Ma ora è una appendice inutile della mia vita; è passata come alle mie membra la stanchezza dei cento chilometri fatti a piedi». (Pier Pasolo Pasolini, Lettere 1940-1954, p. 187-189)   Perduta la tesi nei giorni concitati dopo l’armistizio dell’8 settembre (la tesi, relatore Roberto Longhi, era sulla pittura italiana del ’900), Pasolini chiede a Carlo Calcaterra una tesi su Pascoli.A proposito di Roberto Longhi, e a proposito di quanto sia difficile studiare in tempo di guerra, si segnala una lettera che Longhi scrive nel marzo del 1942 per lamentare il fatto che i suoi studenti non possono più consultare i manoscritti di Marcello Oretti, fonti importanti per la storia dell’arte di Bologna, che l’Archiginnasio aveva posto in casse di legno stivate nei sotterranei per proteggerli dai bombardamenti. (cfr. Maurizio Avanzolini, L’eterno nemico, «L’Archiginnasio», CXIV, 2019, p. 487-618: 564)   Il giovane Pasolini insieme a Luciano Serra, studenti a Bologna, sulla copertina di: Pasolini e Bologna. Gli anni della formazione e i ritorni, a cura di Marco Antonio Bazzocchi e Roberto Chiesi, Bologna, Cineteca di Bologna, 2022. Collocazione: 17*. AA. 5110
image of Censura o autocensura?
Censura o autocensura?
Circa 10 anni fa un bibliotecario notò su una bancarella di libri usati il fascicolo di una rivista, «Il Setaccio», pubblicato nel 1942 a cura della Gioventù italiana del Littorio di Bologna.Pensò subito che la rivista, in quanto bolognese, fosse in possesso dell’Archiginnasio o della Biblioteca Universitaria, che hanno raccolte di periodici locali molto vaste.Si sorprese, quando verificò che nessuna biblioteca della città la possedeva, e ancor di più che non comparisse in alcun catalogo a livello nazionale. Eppure la rivista era nota, dato che era stata fondata, tra gli altri, da Pier Paolo Pasolini, studente universitario di 20 anni, e si trattava proprio del primo periodico fondato da Pasolini.Qualcosa non tornava… Il Direttore della rivista, un funzionario della G.I.L, era un bibliotecario dell’Archiginnasio, anche se distaccato presso la Biblioteca popolare che era stata aggregata alla Biblioteca della Casa del Fascio: possibile che non avesse consegnato i sette numeri de «Il Setaccio», che uscirono tra il 1942 e il 1943, alla biblioteca di cui era dipendente?In realtà, dal Registro dei doni si appurò che il Direttore/Bibliotecario aveva donato regolarmente tutta la raccolta all’Archiginnasio: perché dunque la rivista nel dopoguerra era sparita?La prima ipotesi, che si fosse trattato di un caso di censura di una rivista fascista operata dopo la caduta del Regime, non resse molto: l’Archiginnasio aveva correttamente e giustamente conservato tutto i libri e le riviste pervenute in epoca fascista, come le opere di Mussolini e di Hitler, e anche riviste come «La difesa della razza», fondamentali per ricostruire la politica razzista del Fascismo.L’ipotesi più accredita rimane quindi quella di un episodio di autocensura: si può ipotizzare che il Direttore/Bibliotecario abbia volutamente distrutto le copie della rivista presenti in Archiginnasio per cancellare le tracce del suo passato di funzionario della G.I.L, e in particolare far dimenticare alcuni editoriali chiaramente antisemiti. Nel dopoguerra l’ex Direttore de «Il Setaccio» proseguì la sua attività in Archiginnasio, divenendone vicedirettore.La Biblioteca è poi riuscita ad acquisire l’intera raccolta de «Il Setaccio», ora disponibile anche online sul sito Pasolini ’42.   Disegno di Pier Paolo Pasolini sul primo numero de «Il Setaccio», III, novembre 1942, n. 1 Collocazione: 16. b. II. 65 
image of Carta igienica?
Carta igienica?
Se gli esempi di biblioteche rase al suolo durante le guerre abbondano, e si veda ad esempio Libri in guerra, un capitolo di Libri al rogo di Polastron, anche l’occupazione di luoghi di cultura da parte di eserciti invasori può rappresentare un grosso rischio per documenti, libri e manoscritti.Ne è un esempio quanto raccontato dal Direttore reggente dell’Archiginnasio in una relazione datata 9 novembre 1944:   «Come è noto, dopo il bombardamento del 29 gennaio 1944 […] tutti i libri e i manoscritti raccolti fra le macerie furono ricoverati nei locali di villa Aldini […]. Di recente i locali contenenti il suddetto materiale sono stati invasi da un centinaio di soldati tedeschi, che hanno forzato gli usci, manomesse le serrande ed hanno preso alloggio scompaginando libri e manoscritti, spargendoli sui pavimenti, calpestandoli, stracciandone parecchi, strappandone le legature. Mi risulta inoltre che vari libri sono stati asportati o distrutti, causando danni e disordini rilevanti». (Archivio della Biblioteca dell’Archiginnasio, prot. 521/IV-1)   Oltre al piacere della distruzione gratuita, si può immaginare che la carta dei libri sia stata utilizzata per accendere fuochi. Era novembre, faceva freddo.Quello che però il Direttore non poteva scrivere, si immagina per pudore, ma che probabilmente accomuna gli acquartieramenti di tutte le truppe in ogni epoca in luoghi di cultura, è che la carta dei libri sia stata utilizzata anche come carta igienica. In fondo, è solo un modo come un altro per manifestare il proprio disprezzo per il paese occupato...   Niklas Stoer, Due lanzichenecchi, c. 1540, Vienna, immagine tratta da: Max Geisberg, The german single-leaf woodcut 1500-1550, vol. IV, New York, Hacher art books, 1974.Collocazione: Cons. Belle arti 3-63
image of Bombe sulle città, bombe sulle biblioteche
Bombe sulle città, bombe sulle biblioteche
Provocarono molto interesse le lezioni tenute da W.G. Sebald a Zurigo nel 1997 sul tema fino allora considerato tabù delle enormi distruzioni causate dai bombardamenti Alleati sulle città tedesche, poi confluite in Storia naturale della distruzione, pubblicato da Adelphi nel 2004.La tesi di Sebald è che «la distruzione delle città tedesche negli ultimi anni della seconda guerra mondiale non aveva trovato posto nella coscienza della nazione che andava costituendosi ex novo» (p. 73). La tesi di Sembald potrebbe essere applicata anche al caso italiano, pur considerando che le distruzioni subite dalle città tedesche, si pensi ai casi di Amburgo e Dresda, sono state più ampie di quelle subite dalle città italiane. Tuttavia   «[...] come in Germania, ma per ragioni diverse se non opposte, anche in Italia i bombardamenti aerei della Seconda guerra mondiale sono andati incontro a una sorta di rimozione collettiva. Questa ha preso le forme, a seconda delle circostanze, sia di rimozione delle responsabilità (in relazione al consenso popolare dato alla guerra) - ciò che potremmo chiamare anche “memoria debole” -, sia di rimozione della memoria di parte degli eventi stessi, delle cause che li hanno generati e del ruolo dei diversi protagonisti». (Marco Gioannini, Giulio Massobrio, Bombardate l'Italia. Storia della guerra di distruzione aerea (1940-1945), p. 24).   La Biblioteca dell’Archiginnasio, forse perché ripetutamente colpita dai bombardamenti alleati, non ha rimosso quelli che si possono considerare i momenti più cupi della sua storia: nel 1995 ha organizzato una grande mostra dal titolo Delenda Bononia. Immagini dei bombardamenti 1943-1945 (qui la copertina del volume pubblicato con molti materiali della mostra) e successivamente ha realizzato il sito Bologna bombardata, dove sono consultabili documenti, fotografie, opuscoli e altro materiale relativo non solo ai bombardamenti che colpirono la Biblioteca dell’Archiginnasio, ma anche all’insieme delle incursioni aeree subite dalla città tra il luglio 1943 e l’aprile 1945.   Nella foto: il Palazzo dell’Archiginnasio devastato dal bombardamento aereo del 29 gennaio 1944. Collocazione: GDS, Fotografie Bombardamenti I, n. 32
image of In morte di un bibliotecario
In morte di un bibliotecario
Lodovico Barbieri, Direttore della Biblioteca dell'Archiginnasio, viene ucciso l'11 ottobre del 1944 da un bombardamento alleato mentre cerca di porre in salvo i libri della Biblioteca, che erano stati temporaneamente trasferiti presso la Colonia di Casaglia, sulle colline, per proteggerle dai bombardamenti che colpivano la città (leggi l’articolo pubblicato su «Il Resto del Carlino» del 17 ottobre 1944). Mentre sta caricando i libri su alcuni carri trainati da cavalli, un cacciabombardiere nota alcune persone che stanno lavorando intorno ai carri e sgancia alcune bombe. Muoiono il Direttore e alcuni collaboratori, ma anche quattro bambini e le loro maestre, ospitate nella colonia (la vicenda è ricostruita in Bologna bombardata 1943-1945). Un errore? No, perché l'obiettivo dei cacciabombardieri, che agivano isolati o in piccole formazioni colpendo a bassa quota, era quello di terrorizzare il nemico, ma anche la popolazione civile: in sostanza colpivano tutto ciò che si muoveva, e non era importante che fossero obiettivi militari.Che cosa vide quella mattina il pilota alleato a Casaglia? Dei carretti trainati da cavalli, alcuni uomini, forse vide anche dei bambini con le loro maestre, di certo non vide divise militari, o armamenti, o postazioni militari.Ma cosa pensavano i piloti, quando sganciavano le loro bombe su centri abitati sapendo che sarebbero morti principalmente dei civili?Un articolo disponibile online sulla rivista «Clionet», scritto da Monica Emmanuelli, dal titolo «È l’Ade quel che ho visto?» Un archivio tra conservazione e riparazione: l’International Bomber Command Centre Digital Archive ci introduce ad un importante archivio, in cui è possibile trovare testimonianze, a volte sconvolgenti, di piloti che parteciparono ai bombardamenti sulla città europee: «L’International Bomber Command Centre è stato istituito con la finalità di preservare la controversa memoria storica del Bomber Command della Royal Air Force (Raf) nell’ambito delle operazioni di bombardamento in Europa durante la Seconda guerra mondiale (1939-1945)». Di grande interesse è anche il libro di Sönke Neitzel e Harald Welzer, Soldaten. Le intercettazioni dei militari tedeschi prigionieri degli alleati: nel volume sono riportate le intercettazioni fatte dagli Alleati delle conversazioni tra i soldati tedeschi prigionieri. Non sapendo di essere ascoltati, raccontano del piacere provato nell'uccidere nel modo più crudele non solo i militari nemici, ma anche i civili, come nel caso di un pilota della Luftwaffwe che parla con un altro soldato delle sue azioni in Polonia:   «”[...] abbiamo attaccato la gente in fila per la strada... Abbiamo visto i cavalli volare”. “Ma dai, i cavalli...noo!” “Mi è spiaciuto per i cavalli, per le persone neanche un po'. I cavalli mi hanno fatto pena fino all'ultimo giorno”» (p. 60-61).   Nelle guerre attuali le intercettazioni non servono, i soldati mostrano foto e commenti delle violenze commesse sui social media, in Ucraina come a Gaza, dove un soldato israeliano si fa fotografare mentre alle sue spalle le esplosioni disintegrano un intero quartiere, e il militante di Hamas sorride mentre consegna ad un ostaggio terrorizzato il diploma ricordo della prigionia, perdendo così ogni traccia di umanità.   Nella foto: i bibliotecari nella Sala Lettura della Biblioteca dell'Archiginnasio, il secondo da sinistra è Lodovico Barbieri.Collocazione: GDS, Fotografie Bologna, n. 1000
image of Una vita spericolata: «Il Don Pirlone»
Una vita spericolata: «Il Don Pirlone»
I libri a volte riportano tracce di avventure e vicissitudini più o meno singolari: una macchia di caffè di un lettore distratto, granelli di sabbia, il morso di un cane, ma anche dediche, appunti di ogni tipo (anche liste della spesa!), a volte fotografie dimenticate tra le pagine, e poi timbri e ex-libris, che ci possono raccontare le molte vite vissute prima di approdare al tranquillo scaffale di una biblioteca... che però non sempre è tranquillo. Un caso eclatante è quello de «Il Don Pirlone», una famosa rivista satirica pubblicata a Roma tra il 1848 e il 1849, che non temette di attaccare il governo papale e i suoi più noti funzionari, in particolare con grandi e efficaci caricature. Più volte sottoposto a censure e sequestri, venne anche condannato per offese alle autorità, ad esempio per la caricatura non autorizzata dal censore pubblicata sul n. 44 del 24 ottobre 1848, dove si ironizza sulle condizioni pessime delle strade piene di buche e sulla sporcizia gettata dalle finestre. Alla fine degli anni Trenta il bel volume con la raccolta completa del giornale, molto ricercato dai collezionisti, attirò l’attenzione di uno scrittore e giornalista bolognese che tra il 1938 e il 1942 rubò centinaia di libri preziosi dell’Archiginnasio. Una volta scoperto, il ladro restituì una parte del bottino, tra cui il nostro «Il Don Pirlone» che non era stato ancora rivenduto. Insieme ad altri libri restituiti, «Il Don Pirlone» fu depositato presso la Direzione della Biblioteca, in attesa di recuperarne la collocazione, dato che il ladro aveva cancellato accuratamente segnature e timbri della Biblioteca e aveva distrutto le schede del catalogo. Il 29 gennaio 1944 le bombe degli Alleati distrussero la Direzione e «Il Don Pirlone», malconcio e impolverato, fu recuperato tra le macerie e portato nelle soffitte della Biblioteca, insieme ad altri libri bombardati e a calcinacci. Nel 2024 fu recuperato, e grazie alla sigla che i bibliotecari scrivevano a matita all’interno della coperta man mano che l’autore del furto restituiva i libri, fu possibile ricostruirne le vicissitudini. Finalmente, dopo quasi 90 anni di peripezie, «Il Don Pirlone» si gode il meritato riposo sugli scaffali della Sala 33. Potete vedere il volume nel video Libri nella tormenta: ladri e bombe in Archiginnasio (1938-2024), realizzato in occasione dell’edizione 2025 dell’iniziativa Quante storie nella Storia. Di questa rivista satirica racconta anche Valerio Evangelisti nel suo romanzo Gli anni del coltello, ai quali l’Archiginnasio ha dedicato una gallery documentaria nel 2023 (si vedano in particolare le schede n. 37-41), quando il romanzo è stato al centro di uno degli incontri del Gruppo di Lettura “Alphaville”.   «Il Don Pirlone. Giornale di caricature politiche», I, n. 44, 24 ottobre 1848.Collocazione: 33. A. 91
image of Sarajevo, Timbuctù, Ucraina e Gaza
Sarajevo, Timbuctù, Ucraina e Gaza
La distruzione delle biblioteche causata da conflitti bellici non è solamente un tema storico ma anche di attualità e di cui possiamo trovare numerosi esempi anche negli ultimi 30 anni. Tra il 26 e il 26 agosto 1992 inizia il bombardamento da parte delle milizie serbe della Biblioteca nazionale e universitaria della Bosnia-Erzegovina di Sarajevo, che porta alla distruzione di centinaia di migliaia di volumi. Il durissimo assedio della città, raccontato attraverso le testimonianze degli abitanti in Sopravvivere a Sarajevo. Condizioni urbane estreme e resilienza. Testimonianze di cittadini nella Sarajevo assediata 1992-1996, durerà dal 1992 al 1996 (vedi la copertina).Nel 2012 sono a rischio migliaia di manoscritti conservati a Timbuctù, in Mali, occupata dal gruppo islamista di Ansar Dine, legato ad al-Qaeda nel Maghreb: solo una parte dei manoscritti verrà distrutta, mentre un gruppo di bibliotecari riuscirà a portare in salvo la maggior parte dell’immenso patrimonio. Una storia appassionante, raccontata da Joshua Hammer in La biblioteca segreta di Timbuctù. La vera storia degli uomini che salvarono trecentomila libri dalla furia della Jihad (vedi la copertina). Ma sarebbe impossibile elencare gli episodi di distruzione di libri, di biblioteche e i casi di autori censurati, perseguitati, incarcerati e uccisi negli ultimi decenni.Stassi in Bebelplatz fornisce una cronologia ragionata, che parte dall’antichità e giunge sino ai bombardamenti dell’Ucraina e di Gaza, ma dopo la pubblicazione del libro nel 2024 le distruzioni sono continuate in modo incessante e con esiti catastrofici. Mentre in Ucraina venivano distrutte biblioteche e altri luoghi di cultura, come musei e teatri, quello che è accaduto a Gaza dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre 2023 era difficilmente immaginabile. La distruzione del patrimonio culturale presente a Gaza dopo due anni di bombardamenti è imponente: biblioteche, musei, archivi, siti archeologici, chiese e moschee sono state distrutte sistematicamente, come illustrato in un rapporto della Commissione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite sui Territori palestinesi occupati.Una simile distruzione può ricordare solo immagini lontane, come quelle delle città tedesche e giapponesi, ad esempio il grande rogo di Dresda (descritto da Kurt Vonnegut in Mattatoio n. 5, o La crociata dei bambini (danza obbligata con la morte), Amburgo e Tokio, rase al suolo dall’aviazione Alleata. Billy Pilgrim, il protagonista di Mattatoio n. 5, racconta del bombardamento di Dresda del 13 febbraio 1945: uscendo dal sotterraneo del mattatoio che li ha salvati dal fuoco, un gruppo di prigionieri americani si affaccia sulle macerie fumanti, che ricordano la superficie lunare: «[...] una cosa era chiara: in città dovevano essere morti tutti... Sulla luna non doveva esserci proprio nessun altro abitante» (p. 174).In realtà, solo quando l’accesso a Gaza sarà consentito alla stampa e alle organizzazioni internazionali, sarà possibile avere un resoconto esatto della distruzione operata dall’esercito israeliano. Sono intanto accessibili le immagini di civili palestinesi costretti a utilizzare i libri dispersi nelle strade accanto alle biblioteche sventrate come combustibile per cucinare, in mancanza di altro, e forse si tratta dell’unica circostanza in cui bruciare libri non è un crimine.Lo storico Jean-Pierre Filiu, in Niente mi aveva preparato. Un reportage da Gaza, riporta la testimonianza dello scrittore di Gaza Mahmoud Assaf e della sua libreria di trentamila volumi che un fornaio ha proposto di acquistare per alimentare i forni in mancanza di altre fonti di energia. «Trasformare la conoscenza in cenere per sopravvivere ha il sapore della morte» (p. 156), dice Assaf a Filiu.Fino a qualche mese fa Assaf non aveva ancora accettato la proposta (Filiu è stato a Gaza fino al gennaio 2025): dove sarà ora la sua libreria?Gaza, i libri e la vita di un libraio sono raccontate in un romanzo dello scrittore nato in Marocco e cresciuto in Francia, Rachid Benzine, Il libraio di Gaza.Il vecchio Nabil racconta ad un fotografo francese la sua vita, percorrendo le tappe fondamentali del conflitto tra israeliani e palestinesi, tra citazioni di Shakespeare, Primo Levi e del poeta palestinese Mahmud Darwish.Probabilmente non esistono più librerie a Gaza, sono rimaste solo quelle raccontate nei romanzi.   Rachid Benzine, Il libraio di Gaza, Milano, Corbaccio, 2025.Collocazione: 20. S. 59
Share
Library is closed. It will open tomorrow at 09:00.
View all schedules.
Piazza Luigi Galvani, 1 - 40124 Bologna Tel: 0512196611 archiginnasio@comune.bologna.it
  • Contatti
  • Iscriviti alla newsletter
  • Archivio Archinews
facebook’s logo youtube’s logo instagram’s logo
Comune di Bologna
  • Informativa sul trattamento dei dati personali
  • Licenze e disclaimer
Libraries in Bologna
Chialab