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Biblioteche di Bologna
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MALEDETTI LIBRI!

L'irrefrenabile passione per la censura e la distruzione delle biblioteche

 

Da qualche anno la Biblioteca dell’Archiginnasio ha avviato una serie di studi volti ad approfondire le conseguenze concrete che eventi storici di vasta portata o avvenimenti di respiro più locale hanno avuto sul proprio patrimonio. La censura, le guerre, le scelte politiche, sono stati spesso causa di una perdita culturale alla quale in alcuni casi non è stato possibile rimediare. Studiare e approfondire questi eventi e queste tematiche è un modo per non dimenticare quanto successo in passato per evitare che si ripeta nel futuro.

Il libro di Fabio Stassi Bebelplatz. La notte dei libri bruciati (ed. Sellerio) ha dato lo spunto per questo progetto che, agli studi compiuti negli ultimi anni su questi temi, aggiunge ulteriori esempi e approfondimenti. L’opera di Stassi ha come focus centrale la censura nazista ma amplia il proprio sguardo a casi di distruzioni di documenti avvenute a causa di conflitti bellici, tema che tocca da vicino l’Archiginnasio. In molti casi infatti, anche quando la distruzione di documenti sembra casuale, la cancellazione della cultura di un paese - a partire dagli oggetti che hanno il compito di tramandarla e diffonderla - è uno degli obiettivi da raggiungere durante conflitti di varia natura e origine.

Se Bebelplatz è stato un punto di partenza, abbiamo cercato di seguirne l’esempio per spaziare interrogando altri studi e altri documenti, spesso legati alla vita della biblioteca. Abbiamo privilegiato i periodi in cui si sono affermate le dittature europee novecentesche, senza però tralasciare puntate nel passato e avendo sempre a mente quanto questi temi siano ancora di tragica attualità.

Per capire come l’odio verso i Maledetti libri - che sono espressione concreta della libertà di pensiero - abbia spesso accompagnato eventi tragici, ma anche generato per reazione esempi di dedizione e di impegno da parte di chi i documenti li deve custodire e salvare.

 

I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.

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prec succ tutti
Renzo Renzi e L'armata s'agapò
Contenuto inserito il 14 nov 2025 — Ultimo aggiornamento il 17 nov 2025

Renzo Renzi e L'armata s'agapò

L'attività censoria non è stata mai limitata ai libri, ogni espressione del pensiero e dell'arte è stata colpita: la musica, la scultura, la pittura, la fotografia e in seguito la radio, la televisione e infine il web. E naturalmente la settima arte, il cinema, che ha avuto una enorme diffusione per tutto il Novecento, subendo innumerevoli interventi censori, sequestri e distruzioni di pellicole (si veda il ricchissimo archivio La censura cinematografica in Italia dal 1944 al 2021, curato da Fondazione Changes in partenariato con numerosi atenei fra cui l’Università di Bologna).

Proponiamo su questo tema un esempio strettamente legato alla città di Bologna, in cui la censura preventiva fu così forte che il film progettato non potè mai essere realizzato.

L’1 febbraio 1953, sul quarto fascicolo della rivista «Cinema Nuovo», Renzo Renzi - scrittore e critico cinematografico, uno dei fondatori della Cineteca di Bologna - pubblicò un articolo dal titolo L’armata s’agapò, all’interno della sezione Proposte per film. Nell’articolo Renzi propose l’idea per un film, che non fu mai fatto e che lui stesso definì “proibito”, sull’occupazione militare italiana in Grecia. Secondo il critico: «il film potrebbe essere un esame di coscienza, una condanna della guerra e insieme un atto di fratellanza verso un popolo come quello greco, nei confronti del quale abbiamo molti debiti».

L’espressione dalla quale fu tratto il titolo del film (in greco, infatti, s’agapò significa ti amo) fu usata dalla propaganda inglese nei confronti dell’occupazione militare in Grecia, in riferimento alle relazioni tra i soldati italiani e le donne greche, le quali versavano in gravi condizioni di povertà e fame. 
Il film proposto avrebbe sostenuto valori di antieroismo e di antifascismo, in completa opposizione ai coevi film di guerra di produzione nazionale, i quali, secondo il critico, ostentavano una narrazione celebrativa e imperalista, senza alcuna esplicita condanna delle atrocità della guerra. 
La proposta di Renzi, rivolta ad un limitato pubblico all’interno dei discorsi sul cinema italiano, portò ad una denuncia nei suoi confronti e del direttore editoriale della rivista Guido Aristarco, entrambi ex ufficiali in Grecia durante l’occupazione italiana. I due furono così arrestati con l’accusa di “vilipendio delle Forze Armate” e dopo un mese processati dalla corte militare di Milano, in conformità con la legge che all'epoca si applicava anche ai militari in congedo. Il processo si concluse con una condanna a sette mesi di reclusione per Renzi e sei mesi per Aristarco. Tuttavia, entrambi furono immediatamente rimessi in libertà in virtù dei benefici previsti dalla legge. 
Nell’articolo, Renzi definì il film “proibito” in riferimento non soltanto al divieto di trattare la guerra da una prospettiva critica, ma anche alle leggi sulla censura in campo cinematografico. Le aree di intervento richieste dalla legge sulla censura cinematografica nel 1953 risalgono ancora al Regio Decreto del 1923, che esplicitamente vietava la riproduzione di scene, fatti e soggetti che, tra le altre cose, fossero «contrari alla reputazione ed al decoro nazionale ed all'ordine pubblico, ovvero che possano turbare i buoni rapporti internazionali». Il caso di L’armata s’agapò mette in luce le articolate dinamiche della censura cinematografica italiana nei primi anni Cinquanta, in cui il cinema di guerra assumeva una funzione istituzionale volta a preservare l’idea di eroismo militare mentre la proposta di Renzi, si collocava, invece, in netto contrasto con tale retorica. Un simile progetto, nato in consapevole opposizione ai limiti imposti dalla censura, difficilmente avrebbe potuto superare il vaglio delle commissioni o ottenere un  sostegno produttivo. Infatti, nello stesso anno, un altro film sullo stesso argomento restò nel cassetto: la sceneggiatura proposta da Sandro De Geo, Ennio Flaiano e Alberto Moravia intitolata S’agapò e ispirata al libro Sagapò di Renzo Biasion, uscito nello stesso anno. In seguito, nel 1990 il romanzo ha liberamente ispirato il film Mediterraneo di Gabriele Salvatores.

 

Renzo Renzi, L’armata s’agapò, «Cinema nuovo», II, 1 febbraio 1953, n. 4, p. 73-75.

Collocazione: FORCONI H. 53 (1953)

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