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MALEDETTI LIBRI!

L'irrefrenabile passione per la censura e la distruzione delle biblioteche

 

Da qualche anno la Biblioteca dell’Archiginnasio ha avviato una serie di studi volti ad approfondire le conseguenze concrete che eventi storici di vasta portata o avvenimenti di respiro più locale hanno avuto sul proprio patrimonio. La censura, le guerre, le scelte politiche, sono stati spesso causa di una perdita culturale alla quale in alcuni casi non è stato possibile rimediare. Studiare e approfondire questi eventi e queste tematiche è un modo per non dimenticare quanto successo in passato per evitare che si ripeta nel futuro.

Il libro di Fabio Stassi Bebelplatz. La notte dei libri bruciati (ed. Sellerio) ha dato lo spunto per questo progetto che, agli studi compiuti negli ultimi anni su questi temi, aggiunge ulteriori esempi e approfondimenti. L’opera di Stassi ha come focus centrale la censura nazista ma amplia il proprio sguardo a casi di distruzioni di documenti avvenute a causa di conflitti bellici, tema che tocca da vicino l’Archiginnasio. In molti casi infatti, anche quando la distruzione di documenti sembra casuale, la cancellazione della cultura di un paese - a partire dagli oggetti che hanno il compito di tramandarla e diffonderla - è uno degli obiettivi da raggiungere durante conflitti di varia natura e origine.

Se Bebelplatz è stato un punto di partenza, abbiamo cercato di seguirne l’esempio per spaziare interrogando altri studi e altri documenti, spesso legati alla vita della biblioteca. Abbiamo privilegiato i periodi in cui si sono affermate le dittature europee novecentesche, senza però tralasciare puntate nel passato e avendo sempre a mente quanto questi temi siano ancora di tragica attualità.

Per capire come l’odio verso i Maledetti libri - che sono espressione concreta della libertà di pensiero - abbia spesso accompagnato eventi tragici, ma anche generato per reazione esempi di dedizione e di impegno da parte di chi i documenti li deve custodire e salvare.

 

I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.

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prec succ tutti
Un rogo cavalleresco
Contenuto inserito il 7 ott 2025 — Ultimo aggiornamento il 17 nov 2025

Un rogo cavalleresco

Il Don Chisciotte della Mancia è tra i primi libri citati da Fabio Stassi in Bebeplatz, e non a caso: nel capitolo sesto (che riproduciamo dall’edizione milanese del 1841) Miguel de Cervantes ci descrive la distruzione della biblioteca personale di Alonso Quijano, che assumerà il nome più noto di Don Chisciotte.
I responsabili del rogo che porterà alla distruzione di buona parte della biblioteca sono la nipote di Alonso, la sua governante, il barbiere del paese (mastro Nicola) e il curato, Pietro Perez: li vediamo all’opera in una bella illustrazione dell’edizione stampata a Madrid nel 1771 di cui vediamo qui il frontespizio.

Convinto che la lettura dei libri di argomento cavalleresco conduca Alonso alla follia, l’eterogeneo gruppo decide di distruggere la sua biblioteca, perché molti libri «meriterebbero d’esser arsi, come se fossero eretici», afferma la governante, che getta i libri dalla finestra nel cortile, dove verranno dati alle fiamme. Viene subito alla mente la celebre frase di Heinrich Heine, su cui ritorneremo: «là dove si bruciano libri, si finisce per bruciare anche le persone».
Non ci si stupisce della stupida ferocia della governante, per la quale tutti i libri sono manifestazioni del demonio, mentre colpisce il ruolo del curato, uomo colto laureato a Siguenza: è lui che decide il destino di quasi tutti i libri (ma l’Amadigi stampato a Saragozza nel 1508, che ispirò l’Amadigi di Bernardo Tasso, di cui proponiamo il frontespizio di una bella edizione del 1560, viene risparmiato per l’intervento del barbiere) che in buona parte ha letto e di cui conosce gli autori. Sulla base delle proprie conoscenze e dei propri gusti personali, Perez salva o fa bruciare i libri, ed è inquietante il suo ruolo di intellettuale prestato all’implacabile selezione di ciò che merita di essere conservato o distrutto. 
Sua è la responsabilità enorme del rogo, che non viene attenuata dal fatto di mettere in salvo alcuni titoli: proprio per le conoscenze culturali di cui dispone, nessuno dei libri che passano fra le sue mani sarebbe dovuto finire alla governante per la distruzione finale. 

 

Miguel de Cervantes Saavedra, Vida, y hechos del ingenioso caballero Don Quixote de la Mancha…, Madrid, por D. Joachin de Ibarra, 1771, v. I.
Collocazione: 9. BB. IV. 11

 

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