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MALEDETTI LIBRI!

L'irrefrenabile passione per la censura e la distruzione delle biblioteche

 

Da qualche anno la Biblioteca dell’Archiginnasio ha avviato una serie di studi volti ad approfondire le conseguenze concrete che eventi storici di vasta portata o avvenimenti di respiro più locale hanno avuto sul proprio patrimonio. La censura, le guerre, le scelte politiche, sono stati spesso causa di una perdita culturale alla quale in alcuni casi non è stato possibile rimediare. Studiare e approfondire questi eventi e queste tematiche è un modo per non dimenticare quanto successo in passato per evitare che si ripeta nel futuro.

Il libro di Fabio Stassi Bebelplatz. La notte dei libri bruciati (ed. Sellerio) ha dato lo spunto per questo progetto che, agli studi compiuti negli ultimi anni su questi temi, aggiunge ulteriori esempi e approfondimenti. L’opera di Stassi ha come focus centrale la censura nazista ma amplia il proprio sguardo a casi di distruzioni di documenti avvenute a causa di conflitti bellici, tema che tocca da vicino l’Archiginnasio. In molti casi infatti, anche quando la distruzione di documenti sembra casuale, la cancellazione della cultura di un paese - a partire dagli oggetti che hanno il compito di tramandarla e diffonderla - è uno degli obiettivi da raggiungere durante conflitti di varia natura e origine.

Se Bebelplatz è stato un punto di partenza, abbiamo cercato di seguirne l’esempio per spaziare interrogando altri studi e altri documenti, spesso legati alla vita della biblioteca. Abbiamo privilegiato i periodi in cui si sono affermate le dittature europee novecentesche, senza però tralasciare puntate nel passato e avendo sempre a mente quanto questi temi siano ancora di tragica attualità.

Per capire come l’odio verso i Maledetti libri - che sono espressione concreta della libertà di pensiero - abbia spesso accompagnato eventi tragici, ma anche generato per reazione esempi di dedizione e di impegno da parte di chi i documenti li deve custodire e salvare.

 

I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.

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prec succ tutti
Anna Maria Volpi Nannipieri in arte Mura
Contenuto inserito il 23 ott 2025 — Ultimo aggiornamento il 17 nov 2025

Anna Maria Volpi Nannipieri in arte Mura

La vicenda di Anna Maria Volpi Nannipieri, in arte Mura, è ampiamente trattata da Stassi all’interno di un capitolo a lei dedicato in Bebelplatz. Anche se ci potrebbe stupire come una giovane scrittrice di romanzi rosa sia finita nel mirino della censura fascista.
Nata a Bologna il 25 ottobre del 1892, Mura visse a Livorno e a Milano, per poi stabilirsi a Gavirate, paesino del varesotto sulle rive del lago, noto alle cronache per essere stato lo scenario dell’amore clandestino tra Annie Vivanti e Giosuè Carducci. 
Qui Mura conobbe proprio Annie Vivanti, che la spinse verso la carriera di scrittrice. Grazie a questa amicizia deciderà di utilizzare lo pseudonimo Mura per firmare i suoi romanzi, ispirato per l’appunto alla Contessa Maria Nicolaevna Tarnovska, protagonista del romanzo Circe, opera di Vivanti.
Prima autrice italiana a dare voce attraverso i suoi romanzi rosa ai pensieri reconditi delle donne di quell’epoca, Mura non fu una scrittrice antifascista e neanche particolarmente femminista. Scrisse solamente per far emergere la sua libera natura femminile. Sarà l'amante di Alessandro Chiavolini, giornalista del «Popolo d’Italia» che sarà segretario di Mussolini a Palazzo Venezia fino al 1934.
Lavorò per la rivista «Lidel», sulla quale nel 1930 pubblicò la prima versione di Niôminkas, amore negro.

Il racconto comparso su «Lidel» sarà la base del romanzo pubblicato da Mura per Sonzogno nel 1934 con il titolo Sambadù, amore negro (leggi la versione integrale del romanzo). Nella copertina sono raffigurati un uomo nero in giacca e una donna bianchissima che si abbandona nelle sue braccia. Rispetto al racconto uscito precedentemente, nella trama del libro si aggiungono un matrimonio e la nascita di un figlio, oltre a particolari piccanti.
Il romanzo, ci informa Stassi, venne sequestrato il 2 aprile del 1934 e una circolare del giorno dopo, firmata da Benito Mussolini in persona, impose la messa al bando del romanzo.
Questa decisione fu sicuramente opera di una soffiata di qualcuno, probabilmente Galeazzo Ciano, che aveva tutto l’interesse a far capire al Duce come il controllo della stampa affidato allora alle Prefetture fosse fallimentare e che aveva messo sulla scrivania del Duce una copia prima della pubblicazione.
Esiste un resoconto dettagliato della reazione di Mussolini al romanzo di Mura, fornito da due testimoni: il capo della polizia Arturo Bocchini e il Ministro degli Esteri, barone Pompeo Aloisi, che annotò l’accaduto sul suo diario pubblicato nel dopoguerra in francese.
Il 5 aprile del 1934 l'ufficio stampa del governo si sincerò della buona riuscita dell’operazione.
L’8 aprile venne ritirato dalle edicole «La voce di Mantova», che aveva recensito il libro e riassunto dettagliatamente la trama. 
Il romanzo in realtà è intriso di razzismo già dalle prime pagine: la protagonista, Silvia, dopo il matrimonio, scopre enormi differenze culturali tra lei e il marito africano. La nascita di un figlio la fa precipitare nell’insicurezza.
Il figlio di “sangue misto” scatena le ansie della madre bianca che si preoccupa dei “germi selvaggi” che albergano in lui e dell’eventuale educazione che un padre “selvaggio” può impartire. Il romanzo si conclude con la rottura del matrimonio e la decisione della protagonista di allevare il figlio da sola come una moderna madre single.
Il regime fascista non poteva tollerare che il  romanzo, pubblicato pochi mesi prima della guerra in Etiopia, offendesse gli ideali di dignità della razza, anche se solo sulla copertina. Inoltre i suoi personaggi femminili rappresentano l’esatto opposto della figura che il Regime voleva; le protagoniste di Mura bramano l’indipendenza, amano il piacere e la lussuria, sono adultere e in alcuni casi, come nel romanzo Perfide, sono dichiaratamente omosessuali.
Mura divenne una sorvegliata speciale: i colleghi della redazione de «Il Secolo» controllavano ciò che scriveva, la Polizia aprì un fascicolo personale su di lei. Il nome di Anna Maria Volpi Nannipieri finì quindi per comparire, come documenta Stassi, anche negli elenchi nazisti come scrittrice sgradita al Regime.
Mura chiese un incontro con Mussolini per dichiararsi estranea alla copertina e eventualmente proporre di cambiare l'ambientazione spostandola dalla città di Roma, ma l’incontro con il Duce non ci sarà mai e la scrittrice verrà ricevuta solo da Ciano, il suo persecutore.
Questo episodio di censura cambia definitivamente le sorti dell'editoria italiana che si avvia verso un processo di controllo centralizzato con la nascita prima dell’Ufficio Stampa del Capo del Governo e poi con il Ministero della Stampa e Propaganda (poi Ministero della Cultura Popolare) nato per individuare all’interno di tutte le nuove pubblicazioni elementi contrari agli ideali  politici, sociali ed economici del regime fascista.

 

Enzo Golino, Sambadù amore negro. Il libro che il Duce fece bruciare, «La Repubblica», 13 gennaio 2008, p. 38-39.

Collocazione: G. 131 (2008)

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