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Album "Il pendolo di Foucault"

In questa gallery raccogliamo documenti che illustrano la genesi e la vita editoriale del secondo romanzo di Umberto Eco, Il pendolo di Foucault (Bompiani, 1988), che fanno riferimento ai temi trattati nell’opera o hanno fornito una base informativa per l’autore. 

Questa non vuole essere un’analisi scientifica ed esaustiva di fonti e documenti utilizzati dall’autore né tantomeno un’interpretazione critica.

Quello che qui proponiamo è il resoconto di un’esperienza di lettura e di ricerca nel patrimonio della nostra biblioteca (con alcune escursioni su altre raccolte documentarie). Non c’è quindi nessuna pretesa di una presentazione esaustiva dei molti argomenti e dei molti materiali che il romanzo potrebbe suggerire, ma la volontà di compiere una scelta sulla base di motivazioni anche episodiche e dettate dall’interesse dei lettori e dalle discussioni che il gruppo di lettura ha sostenuto negli incontri precedenti.

Consci di non incarnare il Lettore Modello presupposto dal testo, del testo faremo un uso specifico piuttosto che darne un’interpretazione, secondo la distinzione posta dallo stesso autore in Lector in fabula (paragrafo 3.4, Uso e interpretazione, p. 59-60).

L’indicazione delle pagine del romanzo citate si riferisce alla prima edizione, pubblicata nel 1988 dall’editore Bompiani. De Il pendolo di Foucault sono comunque sempre indicati anche i capitoli da cui sono tratte le citazioni, per facilitarne l’individuazione in altre edizioni.

I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.

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prec succ tutti
Umberto Eco, Il pendolo di Foucault (1988)
Contenuto inserito il 7 giu 2025 — Ultimo aggiornamento il 16 giu 2025

Umberto Eco, Il pendolo di Foucault (1988)

Il pendolo di Foucault uscì nell’ottobre 1988. È il secondo romanzo di Umberto Eco, come gli altri suoi libri pubblicato dall’editore Bompiani. Lo straordinario successo ottenuto da Il nome della rosa sei anni prima, ulteriormente amplificato dal film di Jean-Jacques Annaud uscito nelle sale nel 1986, aveva generato grandissima attesa fra critici e lettori. E sicuramente qualcuno aspettava al varco l’autore per capire se il primo romanzo era stato un caso fortunato.

 

«Quando un grande attore concede il bis dopo uno straordinario successo, pochi spettatori si aspettano che la nuova prestazione abbia l’intensità, il pathos, la magia della prima [...]. Ed è difficile che il secondo applauso abbia il volume e la durata del primo [...].

Per uscir di metafora (ma non del tutto): Umberto Eco è ricomparso alla ribalta con un secondo romanzo, e da lui i lettori si aspettavano ormai il massimo».

(Giosuè Musca, La camicia del nesso. Ovvero Il pendolo di Foucault di Umberto Eco, «Quaderni medievali», 1898, n. 27, p. 104-149: 104).

 

Il sucesso di vendite fu immediato, le critiche negative non mancarono e ne vedremo in seguito un paio. Allo stesso tempo si registrarono diversi pareri positivi da parte dei critici e numerose lamentele dei lettori (ne parla in diverse occasioni lo stesso Eco) per l’eccessiva difficoltà di lettura del romanzo, soprattutto se comparata alla prima prova narrativa.

Il nome della rosa è quindi sempre il riferimento obbligato per i primi giudizi espressi sul Pendolo. La strategia editoriale d’altra parte aveva favorito questa tendenza. Il risvolto di copertina della prima edizione istituiva da subito un confronto col romanzo precedente basato proprio su una maggiore complessità della struttura del testo che il lettore si accingeva a leggere.

Su questa maggiore complessità torneremo. Al momento ci preme sottolineare - anche per la particolarità del lavoro che stiamo compiendo, basato sulla ricerca delle fonti documentarie utilizzate dall’autore - la crescita esponenziale dei riferimenti e delle citazioni a autori e testi rispetto a Il nome della rosa, che pure già poteva essere definito un “libro sui libri”. Nel Pendolo la questione assume maggiore importanza non solo in senso quantitativo, ma perché proprio il citazionismo, la ricerca bibliografica e la capacità di collegare fra loro fonti diverse sono parte integrante della trama, se non addirittura la spina dorsale della storia narrata. Infatti non solo ognuno dei 120 capitoli è aperto dalla citazione di un testo - le cui prime parole sono anche il titolo di quel capitolo nell’indice finale - ma queste 120 citazioni vengono trovate da Casaubon, uno dei protagonisti, all’interno di uno dei file scritti dal suo collega Jacopo Belbo (cap. 6, p. 42). Sono quindi un elemento interno alla storia che diventa paratesto (su questo si veda Ulla Musarra-Schroeder, Mondi possibili ed enciclopedia: strategie narrative nei romanzi di Umberto Eco, in Nel nome del senso: intorno all'opera di Umberto Eco, a cura di Jean Petitot e Paolo Fabbri, p. 511-529: 516).

I 120 capitoli sono a loro volta raggruppati in 10 parti intitolate alle 10 Sefirot che formano l’Albero sefirotico la cui rappresentazione è posta nella pagina a fianco del frontespizio nella prima edizione. La struttura del romanzo si ispira quindi alla cultura ebraica, in cui le Sefirot possono essere definite come «gli strumenti con cui la Divinità Infinita (Or Ein Sof) segna attraverso i suoi Nomi il piano ordinato della creazione» (Riccardo Fedriga, Sospettare sempre, in L’idea di biblioteca, p. 117-123: 117).

Complessità sembra dunque la parola chiave di cui tenere conto nella lettura e interpretazione del romanzo. Infatti Giosuè Musca, nell’articolo sopra citato - uno dei primi studi sul romanzo uscito su rivista, che supera quindi per possibilità di analisi le recensioni giornalistiche uscite nei primi mesi successivi alla pubblicazione - sente la necessità di preporre al discorso critico un riassunto piuttosto dettagliato del romanzo (p. 105-113). Ci sembra che vada nella stessa direzione - quella di offrire al lettore una bussola per orientarsi nel testo - il Dizionario del pendolo di Foucault redatto da Luigi Bauco e Francesco Millocca sempre nel 1989, che se per stessa ammissione degli autori «non è comprensivo di tutti i riferimenti citati ne Il pendolo di Foucault» (p. 6), ne elenca un numero elevatissimo e si rivela quindi utilissimo per ritrovare all’interno del testo i passi che si riferiscono ai diversi argomenti oltre che a fornire una minima indicazione su testi, autori e temi.

Nelle numerose edizioni successive del romanzo non vengono mai aggiunte parti introduttive, prefazioni o postfazioni, né di mano dell’autore né di altri.

 

Umberto Eco, Il pendolo di Foucault, Milano, Bompiani, 1988.

Collocazione: ANCESCHI E. 7, 18

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