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Album "Il Sole dell'Avvenire": immagini e documenti

La trilogia Il Sole dell’Avvenire comprende i volumi Vivere lavorando o morire combattendo (2013), Chi ha del ferro ha del pane (2014) e Nella notte ci guidano le stelle (2016). Dal momento che ne sono state pubblicate edizioni diverse (tutte dell’editore Mondadori) cercheremo di dare riferimenti ai capitoli dei romanzi piuttosto che a pagine specifiche, in modo da rendere più semplice il reperimento degli episodi citati qualunque edizione si consulti. I capitoli sono d’altra parte sufficientemente brevi perché questa modalità sia utile e semplice. Quando si renderà necessario citare frasi precise, le citazioni sono tratte dalle seguenti edizioni:

Vivere lavorando e morire combattendo, Milano, Mondadori, 2013.

Chi ha del ferro ha del pane, Milano, Mondadori, 2019.

Nella notte ci guidano le stelle, Milano, Mondadori, 2016.

Buona parte della gallery è incentrata sul secondo volume della trilogia, Chi ha del ferro ha del pane, che è stato il volume consigliato al gruppo di lettura. Sono presenti però anche documenti e immagini che fanno riferimento al primo  e, in misura minore, al terzo volume, secondo uno sviluppo cronologico che segue quello del romanzo.

immagine di Le opere storiche: Storia del Partito Socialista Rivoluzionario, 1881-1893
Le opere storiche: Storia del Partito Socialista Rivoluzionario, 1881-1893
La trilogia Il Sole dell’Avvenire affonda le proprie radici in alcuni saggi storici che Valerio Evangelisti aveva pubblicato in anni precedenti, quando, prima di intraprendere la carriera di narratore, si dedicava alla ricerca storica negli anni successivi al conseguimento della laurea. Queste opere saggistiche vengono ripubblicate in occasione delle uscite dei romanzi della trilogia. Nel 2013, in concomitanza con il primo volume, Vivere lavorando o morire combattendo, si ripubblica questo Storia del Partito Socialista Rivoluzionario, 1881-1893 (ed. Odoya), scritto da Evangelisti insieme a Emanuela Zucchini. Il testo rimane pressoché invariato rispetto all’edizione del 1981. Nell’introduzione al volume di Odoya Evangelisti, oltre a rallegrarsi per non avere intrapreso la carriera accademica, lamenta il fatto che l’edizione del 1981 aveva avuto scarsa attenzione nel mondo universitario e non risulta disponibile in molte biblioteche delle città di cui il volume si interessava, segnali che indicavano come l’opera contrastasse con la visione “canonica” della storia del movimento operaio italiano - e in particolare della figura di Andrea Costa - che all’inizio degli anni Ottanta era «“presidiata” da studiosi del PCI e del PSI (craxiano)». Anche nella Biblioteca dell’Archiginnasio non è presente l’edizione del 1981, che fra l’altro era stata pubblicata dall’editore Cappelli a Bologna.   Valerio Evangelisti - Emanuela Zucchini, Storia del partito socialista rivoluzionario, 1881-1893, Bologna Odoya, 2013. Collocazione: ARPE-BO A. 2674
immagine di Le opere storiche: Il Gallo Rosso
Le opere storiche: Il Gallo Rosso
All’uscita del secondo volume della trilogia, Chi ha del ferro ha del pane (2014), Evangelisti fa seguire, l’anno successivo, la pubblicazione di Il Gallo Rosso. Precariato e conflitto di classe in Emilia-Romagna 1880-1980 (ed. Odoya), riproposizione di un volume del 1982 che aveva titolo leggermente diverso, Il Galletto Rosso, e che vedeva anche una parte scritta da Salvatore Sechi che viene eliminata nella nuova edizione. Il titolo, al di là della leggera variazione, ricorda l’azione di sabotaggio “importata” dalla Russia che consisteva nel dare fuoco a pagliai e stalle di contadini che si erano schierati con i padroni contro i proletari ribelli. Il gallo rosso è il titolo del capitolo 26 di Chi ha del ferro ha del pane. Nell’introduzione all’edizione Odoya Evangelisti dice che il saggio storico è la risposta a chi sospetta che nel romanzo abbia inventato qualcosa. La “riesumazione” - come la definisce Evangelisti - del libro di 30 anni prima è giustificata dalla pubblicazione del romanzo ma anche da una nuova crescita del precariato che, pur avendo forme diverse, invita a ripensare alle lotte che per decenni si erano combattute per eliminarlo o limitarlo. Interessante inoltre il legame che l’autore stabilisce fra la seconda parte del volume e i fatti del marzo 1977 bolognese, ancora ben vivi nel ricordo della città quando il libro era stato scritto e pubblicato la prima volta. Anche leggendo il romanzo, si avverte l’intento di legare la descrizione di alcuni degli episodi narrati a quanto avvenuto in quei tre giorni di rivolta. Si veda in particolare il racconto della sollevazione popolare di Imola di inizio luglio 1919 (cap. 61-62), che inizia con l’assalto alle botteghe e la razzia di cibo e si conclude con le strade di Imola presidiate «da autoblindo e da contingenti dell’esercito» (p. 444) dopo che alcuni dei manifestanti, pur non pericolosi, sono stati uccisi. Difficile non avvertire nelle modalità scelte da Evangelisti per descrivere l’episodio una eco degli eventi del ’77 bolognese. In questo caso l’Archiginnasio possiede anche il volume del 1982.   Valerio Evangelisti - Salvatore Sechi, Il galletto rosso. Precariato e conflitto di classe in Emilia-Romagna, 1880-1980, Venezia, Marsilio, 1982. Collocazione: 20. K. 1135   Valerio Evangelisti, Il gallo rosso. Precariato e conflitto di classe in Emilia-Romagna 1880-1980, Bologna, Odoya, 2015. Collocazione: ARPE-BO A. 2554
immagine di 1874: diavoli neri al Pontelungo
1874: diavoli neri al Pontelungo
Il primo volume della trilogia si apre all’indomani del fallito tentativo insurrezionale di Michail Bakunin a Bologna del 1874, che aveva visto coinvolti diversi esponenti del socialismo italiano, a partire da Andrea Costa. Quegli eventi e il processo che ne seguì sono più volte richiamati nei primi capitoli di Vivere lavorando o morire combattendo, mentre Costa è figura ricorrente nei discorsi dei personaggi fino alla metà del secondo volume, quando la sua morte (cap. 41) genera un vuoto di potere ed è un duro colpo per il socialismo, in particolare quello romagnolo. All’insurrezione guidata da Bakunin, e resa ancora più celebre dal romanzo di Riccardo Bacchelli Il diavolo al pontelungo (1927), l’Archiginnaiso ha dedicato una mostra, oggi consultabile online, dal titolo 1874: diavoli neri al Pontelungo. Nelle prossime immagini ci aggireremo fra le bacheche virtuali di questa mostra per segnalare alcuni documenti di interesse, con l’invito a una più approfondita consultazione del molto materiale raccolto in quell’occasione.
immagine di Michail Aleksandrovič Bakunin, Dio e lo stato (19..)
Michail Aleksandrovič Bakunin, Dio e lo stato (19..)
Questa edizione dell’opera di Bakunin Dio e lo stato viene introdotta dalle prefazioni di Filippo Turati e Leonida Bissolati, più volte ricordati nella trilogia Il Sole dell’Avvenire come figure di spicco del socialismo. Spesso i personaggi ne criticano le posizioni troppo riformiste e poco inclini a ricercare una reale rivoluzione sociale, che necessita di gesti forti da compiere anche di fuori delle aule della politica. Nel volume vi sono poi alcuni cenni biografici sull’autore redatti da Carlo Cafiero, protagonista del tentativo insurrezionale bolognese (e naturalmente del romanzo di Bacchelli che lo racconta). Ulteriori informazioni nella mostra.   Michail Aleksandrovič Bakunin, Dio e lo stato, Roma, Universal, [19..].Collocazione: 6. Scienze Sociali, Miscellanea, Cart. IV, 46
immagine di «Il papagallo», 1874, n. 35
«Il papagallo», 1874, n. 35
Una litografia a colori tratta dal n. 35 del 1874 del giornale umoristico «Il papagallo», fondato da Luigi Grossi, in cui si ironizza sulle paure che si ritengono suscitate dagli internazionalisti e che porteranno allo scioglimento delle società democratiche. Ulteriori informazioni nella mostra.   «Il papagallo. Giornale colorato politico umoristico», 1874, n. 35. Collocazione: 17. X. I. 10
immagine di Gli arresti
Gli arresti
In una stampa dell’epoca gli internazionalisti arrestati per i moti romagnoli dell’agosto 1874 arrivano a Bologna. Ulteriori informazioni e immmagine a una migliore definizione nella mostra.   «La nuova illustrazione universale», 23 agosto 1874.Collocazione: A. 2306
immagine di Andrea Costa  - Ritratti
Andrea Costa - Ritratti
Due ritratti di Andrea Costa, realizzati entrambi in seguito alla sua morte, avvenuta il 19 gennaio 1910. Quello a sinistra è tratto dal periodico «La rana», 21-22 gennaio, n. 4. I due ritratti non sono presenti nella mostra 1874: diavoli neri al Pontelungo. Per informazioni sulla partecipazione di Costa al moto bakuniniano si veda la mostra.   Le collocazioni dei ritratti sono: - a sinistra: GDS. Raccolta dei ritratti C, n. 140  - a destra: GDS. Raccolta dei ritratti C, n. 131
immagine di Andrea Costa, «L'illustrazione italiana», 13 aprile 1890
Andrea Costa, «L'illustrazione italiana», 13 aprile 1890
L’illustrazione di Dante Paolocci, non presente nella mostra, ritrae Costa durante una arringa in Parlamento nel 1890.   «L'illustrazione italiana», 13 aprile 1890. Collocazione: A. 2306
immagine di Lettera di Andrea Costa a Giosue Carducci, Rimini, 8 agosto 1872
Lettera di Andrea Costa a Giosue Carducci, Rimini, 8 agosto 1872
Giosue Carducci fu professore di Andrea Costa. Dopo il Congresso della Associazione internazionale dei lavoratori che si svolse a Rimini dal 4 al 6 agosto 1872, Costa scrive questa lettera (nella mostra si trova la trascrizione del testo) a Carducci per ringraziarlo di un suo dono. La lettera è conservata dalla Biblioteca di Casa Carducci di Bologna.   Collocazione: Biblioteca di Casa Carducci, CART. XXXVI, 54, 10235  
immagine di Difesa proferita per Andrea Costa nelle udienze 18 e 19 maggio 1876 del processo degli internazionalisti alle Assisie di Bologna dal prof. avvocato Giuseppe Ceneri (1876)
Difesa proferita per Andrea Costa nelle udienze 18 e 19 maggio 1876 del processo degli internazionalisti alle Assisie di Bologna dal prof. avvocato Giuseppe Ceneri (1876)
Nella consueta sovrapposizione fra fatti privati e vita pubblica che caratterizza la trilogia, l’inizio della relazione fra Attilio Verardi e Rosa Minguzzi - evento fondamentale in quanto generatore della famiglia di cui si seguiranno le vicende per circa 80 anni - si colloca «nel marzo 1876, in coincidenza del tutto fortuita con l’apertura del processo che, a Bologna, vedeva implicati gli internazionalisti promotori del moto fallito due anni prima» (Vivere lavorando o morire combattendo, p. 25). In questa immagine vediamo il frontespizio dell’opuscolo che contiene la trascrizione dell’arringa tenuta in difesa di Costa dal famoso avvocato Giuseppe Ceneri nel corso del processo sopra citato. Nella pagina a fianco un ritratto di Ceneri. Ulteriori informazioni nella mostra.   Difesa proferita per Andrea Costa nelle udienze 18 e 19 maggio 1876 del processo degli internazionalisti alle Assisie di Bologna dal prof. avvocato Giuseppe Ceneri, Bologna, Nicola Zanichelli, 1876.Collocazione: 17. Storia Civile e politica. Cause criminali, Cart. X 7, 3
immagine di Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo (1927)
Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo (1927)
Se il moto insurrezionale del 1874 è rimasto particolarmente nella memoria, lo si deve anche al romanzo di Riccardo Bacchelli Il diavolo al Pontelungo. Vediamo qui il frontespizio del primo volume della prima edizione e la dedica dell’autore alla moglie Ada che si trova sull’esemplare posseduto dall‘Archiginnasio, che ha acquistato dalla famiglia di Riccardo Bacchelli sia il fondo librario a lui appartenuto che i documenti d’archivio. Ulteriori informazioni nella mostra.   Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo. Romanzo storico, 2 vol., Milano, Ceschina, 1927.Collocazione: BACCHELLI E. 4 / 1-2  
immagine di Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo (1927)
Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo (1927)
Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo. Romanzo storico, 2 vol., Milano, Ceschina, 1927. Collocazione: BACCHELLI E. 4 / 1-2
immagine di Filippo Turati, ritratto fotografico
Filippo Turati, ritratto fotografico
Abbiamo avuto modo di citare precedentemente Filippo Turati, di cui vediamo qui un ritratto fotografico.   Collocazione: GDS. Collezione dei Ritratti, cart. 56, fasc. 107, n. 1
immagine di Il sole dell'avvenire, 3 settembre 1882
Il sole dell'avvenire, 3 settembre 1882
«Il Sole dell’Avvenire» è il titolo del giornale che Attilio distribuisce per le vie di Ravenna, allo scopo di raggranellare qualche soldo, e leggendo il quale inizia a formarsi una coscienza politica e ad avvicinarsi alle posizioni dei socialisti rivoluzionari. Ne è direttore Gaetano “Tanino” Zirardini, che sarà personaggio importante dei primi due romanzi della trilogia. Al giornale è intitolato il capitolo 12 di Vivere lavorando o morire combattendo. L’Archiginnasio non possiede nessun fascicolo di questo giornale, che era d’altra parte vessato dalla censura, come lo stesso romanzo ricorda. Pubblichiamo (visibile qui a una migliore definizione) la prima pagina del primo numero di questo periodico, gentilmente fornitaci dalla Biblioteca Classense di Ravenna che ringraziamo.
immagine di Il Comune, 23-24 gennaio 1884
Il Comune, 23-24 gennaio 1884
Nel capitolo 15 di Vivere lavorando o morire combattendo si dice che «Il Sole dell‘Avvenire» è stato chiuso e sostituito da un’altra pubblicazione, «Il Comune». In questa immagine vediamo la testata dell’unico numero di questo periodico posseduto dall’Archiginnasio, quello del 23-24 gennaio 1884 che è possibile consultare integralmente e che si apre con una lettera di Andrea Costa.   «Il Comune. Organo locale del Partito socialista rivoluzionario», 23-24 gennaio 1884. Collocazione: M.P. Fondo Fabbri 008 (1884)
immagine di Raffaello Giovagnoli, Spartaco
Raffaello Giovagnoli, Spartaco
Una delle idee che Evangelisti ha più sostenuto è l’importanza della paraletteratura nell’interpretazione della vita sociale. È uno dei concetti che lega fra loro i saggi contenuti in Le strade di Alphaville. Conflitto, immaginario e stili nella paraletteratura. In Vivere lavorando o morire combattendo questa idea sembra concretizzarsi nella vicenda del giovane Canzio Verardi. Battezzato con il cognome del garibaldino Stefano Canzio, il bambino sembra subito segnato da uno spirito rivoluzionario che effettivamente manterrà fino alla morte. Fondamentale nella sua formazione il romanzo che gli viene donato dal maestro Romeo Mingozzi, anarchico. Si tratta di Spartaco. Racconto storico del secolo VII dell’era romana di Raffaello Giovagnoli, romanzo di grandissimo successo che narra le gesta dello schiavo ribelle. Moltissime edizioni seguirono la prima del 1873 (di cui vediamo il frontespizio del primo volume a sinistra nell’immagine), continuamente ampliate dall’autore e arricchite da illustrazioni (si vedano le immagini successive) non presenti in quella. A destra vediamo la copertina dell’edizione del 1916, ultima riveduta dall’autore, morto l’anno precedente. Canzio, quando deve entrare temporaneamente in clandestinità, sceglie proprio Spartaco come nome dietro il quale nascondere la propria identità. Spartaco sarà anche il nome del suo primogenito, che - dopo essere comparso saltuariamente come personaggio di contorno del secondo volume della trilogia - sarà protagonista della prima parte di Nella notte ci guidano le stelle. Coerentemente con le sue scelte politiche però il giovane Verardi rinuncerà al nome di Spartaco per utilizzare il suo secondo nome, Tito.   Raffaello Giovagnoli, Spartaco. Racconto storico del secolo VII dell’era romana, 2 vol., Roma, Tip. del giornale L'Italie, 1873. Collocazione: CdF. XX. A. 241 Collocazione: CdF. XX. A. 245   Raffaello Giovagnoli, Spartaco. Racconto storico illustrato del secolo VII dell’era romana, Milano, Paolo Carrara, 1916. Collocazione: SACCENTI Aa. 455
immagine di Raffaello Giovagnoli, Spartaco (1916)
Raffaello Giovagnoli, Spartaco (1916)
Raffaello Giovagnoli, Spartaco. Racconto storico illustrato del secolo VII dell’era romana, Milano, Paolo Carrara, 1916. Collocazione: SACCENTI Aa. 455
immagine di Raffaello Giovagnoli, Spartaco (1916)
Raffaello Giovagnoli, Spartaco (1916)
Nelle edizioni successive alla prima, viene riportata una lettera di Giuseppe Garibaldi all’autore Raffaello Giovagnoli. Il romanzo viene grandemente lodato - il Generale dice che lo ha «divorato», quasi a certificare la natura paraletteraria dell’opera - e Spartaco viene definito «Cristo Redentore degli schiavi». Ricordiamo che Garibaldi è l’eroe di Attilio Verardi e, per riflesso, del figlio Canzio.   Raffaello Giovagnoli, Spartaco. Racconto storico illustrato del secolo VII dell’era romana, Milano, Paolo Carrara, 1916. Collocazione: SACCENTI Aa. 455
immagine di Raffaello Giovagnoli, Spartaco (1916)
Raffaello Giovagnoli, Spartaco (1916)
Raffaello Giovagnoli, Spartaco. Racconto storico illustrato del secolo VII dell’era romana, Milano, Paolo Carrara, 1916. Collocazione: SACCENTI Aa. 455
immagine di Chiesa di S. Giovanni in Monte
Chiesa di S. Giovanni in Monte
Uno dei traits d’union fra i primi due volumi della trilogia è il carcere bolognese di San Giovanni in Monte. Vi finiscono prima Attilio nel capitolo 5 di Vivere lavorando o morire combattendo, poi sua figlia Eleuteria nello stesso capitolo di Chi ha del ferro ha del pane. La giovane viene addirittura imprigionata nella stessa cella in cui era stato detenuto il padre, tanto che scopre sul muro una scritta incisa da lui 20 anni prima. La sua compagna di detenzione Maria Bagni commenta ridendo: «Si vede che è destino dei Verardi finire a San Giovanni in Monte» (p. 41). La stampa nell’immagine, risalente alla prima metà del XIX secolo, è stata disegnata da Gaetano Ferri, l’incisore è Cesare Savini. Collocazione: Goz.48 23
immagine di «Il Monitore bolognese», 4 novembre 1797
«Il Monitore bolognese», 4 novembre 1797
Il convento di San Giovanni in Monte, adiacente alla chiesa, era stato trasformato in carcere nel periodo del dominio napoleonico della città. Rimarrà carcere giudiziario di Bologna fino agli anni Ottanta del secolo scorso. Questa pagina de «Il Monitore bolognese», datata 4 novembre 1797, è quindi forse la prima denuncia delle terribili condizioni di vita dei prigionieri politici all’interno del carcere appena istituito.   «Il Monitore bolognese. Repubblica cispadana», 4 novembre 1797. Collocazione: 17. C. I. 4      
immagine di Re Umberto I di Savoia
Re Umberto I di Savoia
Chi ha del ferro ha del pane inizia a Rimini il 3 agosto 1900: Eleuteria Verardi rischia l’arresto per avere affisso dei volantini pubblicitari del bagno pubblico in cui lavora sopra i manifesti che ricordano la recente morte di Re Umberto I di Savoia, ucciso dall’anarchico Gaetano Bresci a Monza il 29 luglio. Il sovrano era già stato ricordato con disprezzo alla fine del primo volume della trilogia per avere decorato il generale Bava Beccaris, nonostante quest’ultimo avesse represso nel sangue i moti di Milano del 1898. Eventi sintomatici di un nuovo corso, molto più violento e repressivo, nei confronti dei moti insurrezionali. Alla fine di Vivere lavorando o morire combattendo Rosa, madre di Eleuteria, era morta, colpita da un proiettile vagante sparato dalle forze dell’ordine durante una manifestazione.   Ritratto di Umberto I° Collocazione: GDS. Collezione dei Ritratti, cart. 57, fasc. 10, n. 14
immagine di Bresci, supplemento a «L'Aurora» (1946)
Bresci, supplemento a «L'Aurora» (1946)
Nel 1946 il periodico anarchico «L'Aurora» celebra Gaetano Bresci con un supplemento che riporta documenti del tempo e interventi di riflessione sul regicidio, anche in relazione all’attualità. Vengono anche riproposte alcune illustrazioni tratte dal periodico «L'illustrazione italiana», che vediamo nelle immagini successive. L’Archiginnasio non possiede altri numeri del periodico. È possibile consultare integralmente il supplemento. La trilogia ricorda più volte un omonimo periodico pubblicato a inizio Novecento e animato in particolare dall’anarchico Armando Borghi, di cui l’Archiginnasio possiede numerose opere, fra le quali i Colloqui con Kropotkine su l’anarchia pubblicizzato a pagina 15 di questo supplemento.   Bresci, supplemento a «L'Aurora», 29 luglio 1946. Collocazione: 6. Scienze Sociali. Miscellanea. V, 7    
immagine di Bresci spara, sul re, al Parco di Monza
Bresci spara, sul re, al Parco di Monza
Bresci, supplemento a «L'Aurora», 29 luglio 1946. Collocazione: 6. Scienze Sociali. Miscellanea. V, 7
immagine di Il processo alle Assisi di Milano
Il processo alle Assisi di Milano
Bresci, supplemento a «L'Aurora», 29 luglio 1946. Collocazione: 6. Scienze Sociali. Miscellanea. V, 7
immagine di Chi ha del ferro ha del pane: Louis Auguste Blanqui, Socialismo e azione rivoluzionaria (1969)
Chi ha del ferro ha del pane: Louis Auguste Blanqui, Socialismo e azione rivoluzionaria (1969)
Il titolo del secondo volume è il motto più famoso di Louis Auguste Blanqui, teorico francese del socialismo rivoluzionario. Il primo a enunciarlo all’interno del romanzo è il libraio ferrarese Giuseppe Tamarozzi nel capitolo 16, durante una sollevazione popolare: «Compagni, oggi abbiamo compiuto il primo passo, ma non illudiamoci! Il sole dell’avvenire è ancora lontano, e per conquistarlo serve un popolo armato. Come disse il grande Blanqui, l’ispiratore della Comune di Parigi: “Chi ha del ferro ha del pane”» (p. 119). Il ferro è quindi per Blanqui quello delle armi e i rivoluzionari devono abbracciare anche l’insurrezione armata per instaurare una società socialista. Nell’immagine successiva vedremo come il significato originario del motto può essere stravolto se utilizzato in un contesto differente.   Louis Auguste Blanqui, Socialismo e azione rivoluzionaria, Roma, Editori Riuniti, 1969. Collocazione: 35. A. 3795  
immagine di Chi ha del ferro ha del pane:   «Il Popolo d'Italia»
Chi ha del ferro ha del pane: «Il Popolo d'Italia»
Il motto che dà il titolo al secondo volume campeggia nella testata de «Il Popolo d'Italia», il “quotidiano socialista” fondato da Benito Mussolini. In questo caso il ferro sembra essere non quello delle armi ma quello delle macchine industriali, come enunciato nel capitolo 51: «L‘altro argomento era che l’Italia aveva bisogno di modernizzarsi, di avere accesso a un’industrializzazione completa. Solo così, sostenevano gli ex socialisti, una rivoluzione proletaria sarebbe diventata possibile. Questa, almeno, era la tesi enunciata da Benito Mussolini e dal suo nuovo giornale, “Il Popolo d‘Italia”, che sotto il titolo recava la frase di Blanqui: “Chi ha del ferro ha del pane”. A Molinella erano arrivati solo i primi numeri, poi i rivenditori avevano rifiutato di tenerlo» (p. 368). Col senno di poi, era forse più indicativo delle intenzioni di Mussolini il secondo motto presente sulla testata, parole di Napoleone: “La rivoluzione è un’idea che ha trovato delle baionette”.   «Il popolo d’Italia. Quotidiano socialista», 31 dicembre 1914. Collocazione: 19/3 G.S.
immagine di «L'asino», 5 gennaio 1902
«L'asino», 5 gennaio 1902
Nei Ringraziamenti e varie che chiudono i tre volumi Evangelisti sottolinea come quotidiani e settimanali abbiano avuto per lui un ruolo fondamentale per documentarsi e scrivere prima le opere storiche di inizio anni Ottanta, poi i romanzi. I testi sono infatti fittamente intessuti di rimandi più o meno espliciti alla stampa periodica degli anni raccontati. In Chi ha del ferro ha del pane vengono più volte citati due settimanali politico-umoristici, “l’un contro l’altro armati”. Da parte socialista «L‘asino. Settimanale illustrato», fondato nel 1892 a Roma, che dopo qualche anno, come vediamo in questa immagine, adotterà il titolo «L’asino è il popolo: utile, paziente, bastonato». Caratteristica basilare del settimanale era l’aspro spirito anticlericale. La risposta da parte conservatrice arriverà nel 1907 da Bologna con la fondazione di “Il mulo. Periodico settimanale anticanagliesco”. Entrambi chiuderanno le pubblicazioni nel 1925, quando sicuramente il clima politico non aveva più l’effervescenza e la libertà di discussione degli anni precedenti. Presentiamo in questa e nelle prossime tre immagini la pagina iniziale e quella finale dei quattro numeri de «L’asino» del gennaio 1902, anno in cui il tema anticlericale diventa preponderante all’interno della polemica proposta dal periodico. Si veda come nel capitolo 25 del romanzo si sottolinei l’importanza dell’anticlericalismo nella ideologia socialista proprio in relazione al fatto che, in occasione di un comizio, le strade sono tappezzate con le copertine de «L’asino» disegnate da Gabriele Galantara. È possibile scaricare le 8 pagine della rivista del gennaio 1902 in cui si legge la firma in copertina, Rata Langa, anagramma di Galantara. In una successiva immagine potrete trovare ulteriori informazioni sul periodico.     «L’asino è il popolo: utile, paziente, bastonato», 5 gennaio 1902. Collocazione: BUSSOLARI B. 218
immagine di «L'asino», 12 gennaio 1902
«L'asino», 12 gennaio 1902
«L’asino è il popolo: utile, paziente, bastonato», 12 gennaio 1902. Collocazione: BUSSOLARI B. 218
immagine di «L'asino», 19 gennaio 1902
«L'asino», 19 gennaio 1902
«L’asino è il popolo: utile, paziente, bastonato», 19 gennaio 1902. Collocazione: BUSSOLARI B. 218
immagine di «L'asino», 26 gennaio 1902
«L'asino», 26 gennaio 1902
«L’asino è il popolo: utile, paziente, bastonato», 26 gennaio 1902. Collocazione: BUSSOLARI B. 218
immagine di «Il mulo», 10 novembre 1907
«Il mulo», 10 novembre 1907
Anche de «Il mulo» presentiamo una selezione di pagine, con alcuni riferimenti alle vicende del secondo romanzo.   «Il mulo. Periodico settimanale anticanagliesco», 10 novembre 1907. Collocazione: G. 62. SALA 19
immagine di «Il mulo», 10 novembre 1907
«Il mulo», 10 novembre 1907
«Il mulo. Periodico settimanale anticanagliesco», 10 novembre 1907. Collocazione: G. 62. SALA 19
immagine di «Il mulo», 24 novembre 1907
«Il mulo», 24 novembre 1907
La copertina prende di mira due capilega socialisti, che di fronte a un operaio ferito sul lavoro non si soffermano in quanto si tratta di un crumiro.   «Il mulo. Periodico settimanale anticanagliesco», 24 novembre 1907. Collocazione: G. 62. SALA 19
immagine di «Il mulo», 1 dicembre 1907
«Il mulo», 1 dicembre 1907
Una vignetta che riassume i principali bersagli polemici de «Il mulo», i socialisti e la loro stampa periodica. Da una parte quella “ufficiale” come l’«Avanti!», che inneggia al sol dell’avvenir, dall’altra quella umoristica, cioè appunto «L’asino».   «Il mulo. Periodico settimanale anticanagliesco», 1 dicembre 1907. Collocazione: G. 62. SALA 19
immagine di «Il mulo», 11 ottobre 1908
«Il mulo», 11 ottobre 1908
La copertina di questo numero mette alla berlina la tendenza dei socialisti a dividersi in numerose correnti, più o meno numerose e più o meno durature, tanto che spesso gli stessi simpatizzanti per l’idea socialista faticano a orientarsi e a scegliere fra i diversi leader, che si contendono la guida del partito, anche da  posizioni spesso piuttosto diverse. Nel capitolo 23 di Chi ha del ferro ha del pane il commerciante ambulante Nilo Pirazzoli dice: «Ma col Partito socialista mai! Chi si raccapezza tra tutte quelle correnti e sottocorrenti? Dovrei leggere dieci giornali diversi. La Lega mi basta e avanza» (p. 165). E al capitolo 71, parlando ancora dei numerosi giornali socialisti venduti nell’edicola in cui lavora Narda, si dice che per orientarsi nelle correnti socialiste servirebbe una carta geografica.   «Il mulo. Periodico settimanale anticanagliesco», 11 ottobre 1908. Collocazione: G. 62. SALA 19
immagine di Filippo Manservisi, Macchine due per la scavezzatura e gramolatura della canapa (1869)
Filippo Manservisi, Macchine due per la scavezzatura e gramolatura della canapa (1869)
Prima di soffermarci su alcuni episodi specifici narrati in Chi ha del ferro ha del pane, è interessante toccare un tema che attraversa tutto il romanzo e segna gli avvenimenti pubblici e privati, modificando radicalmente il modo di vivere e, ancora di più, di lavorare: il progresso tecnologico. La prima declinazione di questo argomento è la diffusione e lo sviluppo di macchine utilizzate per coltivare la terra e lavorare i prodotti agricoli, che influisce sulla vita dei lavoratori legati all’agricoltura, affittuari, proprietari, mezzadri o braccianti che siano. Qui vediamo due macchine “pubblicizzate” nel 1869, quindi pochi anni prima che prendano il via gli avvenimenti raccontati nella trilogia. Se si scorre l’intero opuscolo si vede che si tratta di un vero e proprio fascicolo pubblicitario per la vendita di queste due macchine che rendono più veloce la lavorazione della canapa. Si inizia quindi a respirare uno spirito imprenditoriale, ma la meccanizzazione del lavoro agricolo è chiaramente ancora agli inizi. In particolare queste rudimentali macchine (si veda anche l’immagine successiva) sono ancora azionate dall’energia dell’uomo.   Filippo Manservisi, Macchine due per la scavezzatura e gramolatura della canapa d'invenzione Manservisi Filippo di Bologna: con privativa, Bologna, Soc. tipogr. dei Compositori, 1869. Collocazione: 13. Agronomia. Caps. N., 006
immagine di Filippo Manservisi, Macchine due per la scavezzatura e gramolatura della canapa (1869)
Filippo Manservisi, Macchine due per la scavezzatura e gramolatura della canapa (1869)
Filippo Manservisi, Macchine due per la scavezzatura e gramolatura della canapa d'invenzione Manservisi Filippo di Bologna: con privativa, Bologna, Soc. tipogr. dei Compositori, 1869. Collocazione: 13. Agronomia. Caps. N., 006
immagine di Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno (1915)
Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno (1915)
Questo volume del 1915 mostra un paesaggio teconologico notevolmente mutato: le macchine che vediamo nelle immagini successive, utilizzate per la coltivazione del terreno, sono tutte azionate da un motore. «Ormai la meccanizzazione regnava sovrana, per fare rendere gli appezzamenti», si dice al capitolo 65, p. 460. Naturalmente l’accrescersi della meccanizzazione porta a una diminuzione della necessità di forza-lavoro umana, con conseguenze negative soprattutto nell’impiego di braccianti. La crescita della disoccupazione è uno dei motivi più frequenti alla base dei tanti scioperi descritti nella trilogia.   Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno, Napoli, fr. Lubrano, 1915. Collocazione: 13. Agronomia. Cart. U, 29
immagine di Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno (1915)
Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno (1915)
Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno, Napoli, fr. Lubrano, 1915. Collocazione: 13. Agronomia. Cart. U, 29
immagine di Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno (1915)
Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno (1915)
Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno, Napoli, fr. Lubrano, 1915. Collocazione: 13. Agronomia. Cart. U, 29
immagine di Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno (1915)
Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno (1915)
Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno, Napoli, fr. Lubrano, 1915. Collocazione: 13. Agronomia. Cart. U, 29
immagine di Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno (1915)
Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno (1915)
Giovanni Domenico Mayer, Le macchine per la lavorazione del terreno, Napoli, fr. Lubrano, 1915. Collocazione: 13. Agronomia. Cart. U, 29
immagine di L'elettrificazione
L'elettrificazione
Anche il tema dell’elettrificazione percorre Chi ha del ferro ha del pane, i cui avvenimenti coprono gli anni in cui inizia a diffondersi la luce elettrica, nella abitazioni private o sui luoghi di lavoro. Nell’opuscolo che qui citiamo, L’energia elettrica nelle aziende agricole dell’ing. Augusto Foresti, sono accluse due lettere interessanti, in cui l’autore dell’opera promuove la sua attività presso i proprietari di aziende agricole. In quella a sinistra offre una consulenza per le trattive che i proprietari dei terreni devono intraprendere con le società fornitrici di energia elettrica per la posa di condutture e infrastrutture sui terreni di loro proprietà (società che, specifica Foresti, tendono ad approfittarsene ben oltre ciò che sarebbe consentito dalla legge). In quella a destra invece l’ingegnere offre una più specifica consultenza tecnica per avviare una modernizzazione delle aziende agricole proprio grazie all’utilizzo dell’energia elettrica. Si noti che entrambe le lettere sono modelli, pronti a essere inviati in numerose copie ai proprietari di terreni coltivati.   Augusto Foresti, L'energia elettrica nelle aziende agricole, Reggio Emilia, Arti Grafiche, [189.?]. Collocazione: MALVEZZI 663 / 26
immagine di Guida programma del circuito di Bologna (1908)
Guida programma del circuito di Bologna (1908)
Il progresso tecnologico si avverte nei romanzi anche nei trasporti, grazie soprattutto alla figura di Canzio Verardi, fin da giovane appassionato del nascente mondo delle automobili e del motore a scoppio. Appena ne ha la possibilità, sul finire del XIX secolo, mette in piedi un’officina da meccanico in cui ripara le macchine agricole che abbiamo visto nelle immagini precedenti, ma anche automobili e autocarri che sempre di più si diffondono, sia per uso privato che per motivi di lavoro. Aurelio Minguzzi, detto Reglio, diventerà a sua volta camionista per un certo periodo, mentre lo stesso Canzio sfreccia più volte fra le pagine dei romanzi e cerca anche di diventare concessionario per la vendita di automobili. La trilogia quindi registra in maniera puntuale come l’automobile modifichi in maniera radicale il modo di vivere, accorciando le distanze e influendo di conseguenza anche sui tempi di lavoro. Ma diviene presto anche un piacere e uno sport. In questa immagine vediamo un opuscolo curato dal neonato Automobile Club d’Italia - fondato come ente nazionale nel 1905 - in cui si promuove e si illustra una gara automobilistica svoltasi nei territori intorno a Bologna nel settembre 1908, la “Coppa Florio”. Oltre alla mappa con il percorso, nelle prossime immagini possiamo ammirare fotografie di auto e piloti.   Automobile Club, Guida-programma del circuito di Bologna, 6-7 settembre 1908, Bologna, E. Chappuis, [1908?]. Collocazione: 17. U. VI. 44
immagine di Guida programma del circuito di Bologna (1908)
Guida programma del circuito di Bologna (1908)
Cliccare qui per vedere la mappa a una migliore definizione.   Automobile Club, Guida-programma del circuito di Bologna, 6-7 settembre 1908, Bologna, E. Chappuis, [1908?]. Collocazione: 17. U. VI. 44
immagine di Guida programma del circuito di Bologna (1908)
Guida programma del circuito di Bologna (1908)
Automobile Club, Guida-programma del circuito di Bologna, 6-7 settembre 1908, Bologna, E. Chappuis, [1908?]. Collocazione: 17. U. VI. 44
immagine di Guida programma del circuito di Bologna (1908)
Guida programma del circuito di Bologna (1908)
Automobile Club, Guida-programma del circuito di Bologna, 6-7 settembre 1908, Bologna, E. Chappuis, [1908?]. Collocazione: 17. U. VI. 44
immagine di Guida programma del circuito di Bologna (1908)
Guida programma del circuito di Bologna (1908)
Automobile Club, Guida-programma del circuito di Bologna, 6-7 settembre 1908, Bologna, E. Chappuis, [1908?]. Collocazione: 17. U. VI. 44
immagine di Giovanni Canestrini, L'automobile (1938)
Giovanni Canestrini, L'automobile (1938)
Il fascismo, come in molti altri campi, cercherà di valorizzare il genio italiano anche nell’evoluzione della tecnologia automobilistica. In questo elegante e prezioso volume del 1938, dopo un lungo studio degli esperimenti di Leonardo da Vinci che anticipavano di qualche secolo l’avvento di veicoli a motore, vengono mostrate alcune automobili a tre ruote di progettazione e fabbricazione italiana che avevano visto la luce già negli ultimi 40 anni dell’Ottocento.   Giovanni Canestrini, L’automobile. Il contributo italiano all’avvento e all’evoluzione dell’autoveicolo, Roma, Reale Automobile Club d’Italia, 1938. Collocazione: 14. F. IV. 16
immagine di Giovanni Canestrini, L'automobile (1938)
Giovanni Canestrini, L'automobile (1938)
Giovanni Canestrini, L’automobile. Il contributo italiano all’avvento e all’evoluzione dell’autoveicolo, Roma, Reale Automobile Club d’Italia, 1938. Collocazione: 14. F. IV. 16
immagine di Giovanni Canestrini, L'automobile (1938)
Giovanni Canestrini, L'automobile (1938)
Giovanni Canestrini, L’automobile. Il contributo italiano all’avvento e all’evoluzione dell’autoveicolo, Roma, Reale Automobile Club d’Italia, 1938. Collocazione: 14. F. IV. 16
immagine di Giovanni Canestrini, L'automobile (1938)
Giovanni Canestrini, L'automobile (1938)
Il modello più vecchio è questo del 1861: un’automobile a molla brevettata (ma non si sa se effettivamente costruita) da Mario Taricco nel 1861.   Giovanni Canestrini, L’automobile. Il contributo italiano all’avvento e all’evoluzione dell’autoveicolo, Roma, Reale Automobile Club d’Italia, 1938. Collocazione: 14. F. IV. 16
immagine di Giuseppe Massarenti
Giuseppe Massarenti
Giuseppe Massarenti è una figura molto importante in Chi ha del ferro ha del pane, perché alcuni dei personaggi, a momenti alterni, si stabiliscono a Molinella, dove Massarenti ha dato vita a un esperimento sociale che è, e in gran parte rimarrà, un unicum nel panorama dell’organizzazione del lavoro di inizio Novecento. Fra continue lotte, scioperi e sabotaggi, Molinella sarà un punto di riferimento e Massarenti - bersagliato da costanti critiche (anche da frange socialiste più rivoluzionarie), esiliato, rientrato da trionfatore - è il perno di tutte le innovazioni sociali che si sperimenteranno nel mandamento di Budrio. Nel terzo volume della trilogia, Nella notte ci guidano le stelle, ai capitoli 13 e 14 - Molinella assediata e Molinella ferita - si racconta del ruolo fondamentale tenuto da Tito Verardi, che ha rinnegato il nome rivoluzionario Spartaco datogli dal padre Canzio, nella distruzione di quel «regno dei socialisti riformisti» (p. 99).   Il ritratto di Massarenti che qui presentiamo è tratto da: Enrico Bassi, Giuseppe Massarenti (apostolato e opera), Bologna, [s.n.], 1951. Collocazione: 5. Biografie ed elogi. Cart. H, 27
immagine di Mappa della provincia di Bologna (1850)
Mappa della provincia di Bologna (1850)
Una bella mappa della Provincia di Bologna datata 1850, in cui abbiamo evidenziato le località di Budrio e Molinella, epicentro dell’esperimento guidato da Massarenti, e quella di Mezzolara, in cui si ritira il “rinnegato” Giosuè Minguzzi, che dopo una giovinezza da socialista rivoluzionario tradisce i suoi ideali e diventa uno dei più violenti e spietati avversari di contadini e braccianti. Nel sito curato dall’Archiginnasio dedicato alla cartografia storica di Bologna e della provincia è possibile consultare in maniera dettagliata questa mappa. Contornano la mappa le immaginette delle parrocchie della Diocesi bolognese. Di seguito mostriamo ingrandite quelle relative a Budrio e Molinella.   Enrico Corty (dis. e inc.), Carta della provincia di Bologna con tutte le parrocchie della Diocesi. Molinella. San Giorgio di Piano. Medicina. Monghidoro. Loiano. Bazzano. Vergato. Porretta. Colline fuori porta San Mamolo. Monte della Guardia. Portico di San Luca e Certosa. Persiceto. Castel San Pietro. Castelguelfo. Castelfranco. Budrio. Crevalcore. Sant’Agata. San Pietro in Casale, [S.l., s.n.], 1850. Collocazione: GDS, Raccolta piante del territorio, Cartella 4, n. 36
immagine di Budrio
Budrio
Enrico Corty (dis. e inc.), Carta della provincia di Bologna con tutte le parrocchie della Diocesi. Molinella. San Giorgio di Piano. Medicina. Monghidoro. Loiano. Bazzano. Vergato. Porretta. Colline fuori porta San Mamolo. Monte della Guardia. Portico di San Luca e Certosa. Persiceto. Castel San Pietro. Castelguelfo. Castelfranco. Budrio. Crevalcore. Sant’Agata. San Pietro in Casale, [S.l., s.n.], 1850. Collocazione: GDS, Raccolta piante del territorio, Cartella 4, n. 36
immagine di Molinella
Molinella
Enrico Corty (dis. e inc.), Carta della provincia di Bologna con tutte le parrocchie della Diocesi. Molinella. San Giorgio di Piano. Medicina. Monghidoro. Loiano. Bazzano. Vergato. Porretta. Colline fuori porta San Mamolo. Monte della Guardia. Portico di San Luca e Certosa. Persiceto. Castel San Pietro. Castelguelfo. Castelfranco. Budrio. Crevalcore. Sant’Agata. San Pietro in Casale, [S.l., s.n.], 1850. Collocazione: GDS, Raccolta piante del territorio, Cartella 4, n. 36
immagine di Cartogramma della distribuzione e della estensione della coltivazione umida nel 1901
Cartogramma della distribuzione e della estensione della coltivazione umida nel 1901
Una delle più importanti coltivazioni della pianura bolognese, su cui si basa l’esperimento socialista di Molinella, è la coltivazione del riso. Le mondine - Evangelisti registra anche il momento in cui questo termine si diffonde soppiantando il precedente “risaiole” - sono tra le figure più importanti delle lotte sostenute in quel territorio. Nell’immagine - qui consultabile a una migliore definizione - la diffusione della coltivazione umida nella Provincia di Bologna.   Immagine tratta da: Pietro Puglioli, La coltivazione del riso nei rapporti della disoccupazione operaia e della malaria nella pianura bolognese. Appunti e considerazioni, Roma. Tip. nazionale di G. Bertero, 1906. Collocazione: 13. Agronomia. Cart. Lc, 10 
immagine di Contro Massarenti: le critiche interne al Partito socialista
Contro Massarenti: le critiche interne al Partito socialista
In precedenza abbiamo accennato agli attacchi a Massarenti arrivati dall’ala più intransigente e non riformista del Partito socialista. Evangelisti, nel capitolo 11 di Chi ha del ferro ha del pane - intitolato appunto Gli intransigenti - cita questo opuscoletto stampato in Svizzera che invita Massarenti a mostrare i conti della cooperativa di Molinella, bollando l’esperimento come una grande truffa. Quando vengono a sapere che l’opuscolo viene presentato a Bologna in un comizio, trenta donne di Molinella partono in bicicletta per contestare gli oratori. Come sempre vita pubblica e privata si intrecciano negli eventi narrati: in questa occasione Eleuteria rivede Eminio Giacomelli, conosciuto quando era bambina e militante fra “gli intransigenti”, e si innamora di lui. I due finiranno per sposarsi.   Uscendo dal riserbo... perchè Massarenti non rende i conti della Cooperativa di Molinella, il partito socialista deve darsi in braccio alla discordia?. Le bugie di una cronistoria: fatti e documenti, Lugano, Coop. tipogr. sociale, 1905. Collocazione: 6. Scienze sociali. Politica. Cart. Oh, 36  
immagine di Contro Massarenti: le critiche esterne
Contro Massarenti: le critiche esterne
Sono comunque molto più numerose le critiche ricevute da Massarenti e dai suoi da parte di persone esterne al Partito socialista. Ne vediamo due esempi in questa immagine. Dell’opuscolo a sinistra, che raccoglie articoli del quotidiano cattolico «L’Avvenire d’Italia», allora pubblicato a Bologna, è consultabile la prefazione firmata da Carlo Malvezzi Campeggi. Al volume di Missiroli, di cui mostriamo il frontespizio, Massarenti risponde con un lungo articolo pubblicato come supplemento al n. 39 del settimanale socialista «La Squilla» del 23 settembre 1916.   Molinella. La campagna giornalistico-giudiziaria de “L'Avvenire d'Italia” contro il socialismo del Basso bolognese, Bologna, Tipografia Emiliana, 1915. Collocazione: 17. F. VIII. 27   Mario Missiroli, La Repubblica degli accattoni, Bologna, Zanichelli, 1916. Collocazione: 33. B. 523, op. 5   Giuseppe Massarenti, La Repubblica degli accattoni, Bologna, Tip. Azzoguidi, [1916?]. Collocazione: 17. Sezione civile e politica. Società varie. Cart. e, 33
immagine di Relazione morale e finanziaria e rendiconto al 31 dicembre 1914 dell’Azienda Macchine Agricole delle Leghe dei Lavoratori della terra – Molinella (1915)
Relazione morale e finanziaria e rendiconto al 31 dicembre 1914 dell’Azienda Macchine Agricole delle Leghe dei Lavoratori della terra – Molinella (1915)
I superstiti del consiglio di amministrazione - come si firmano nella prefazione Zambelli, Bentivogli, Cattoli e Massarenti - costretti a lasciare il paese a causa della «diabolica congiura cattolico-agraria», riconsegnano agli operai organizzati del Comune di Molinella l’Azienda Macchine Agricole delle Leghe dei Lavoratori della terra. Un resoconto dettagliato della situazione «morale e finanziaria» dell’azienda alla fine del 1914. L’opuscolo è stampato a San Marino, dove Massarenti e i suoi sono esiliati, come più volte ricordato in Chi ha del ferro ha del pane. Anche Reglio e Cincin a un certo punto del romanzo sono costretti a riparare a San Marino nel tentativo di sfuggire alla chiamata di leva conseguente alla guerra coloniale in Libia.   Relazione morale e finanziaria e rendiconto al 31 dicembre 1914 dell’Azienda Macchine Agricole delle Leghe dei Lavoratori della terra. Molinella, Repubblica di S. Marino, Tip. Sammarinese, 1915. Collocazione: 13. Agronomia. Cart. N, 13
immagine di Renata Viganò, Mondine (1952)
Renata Viganò, Mondine (1952)
Nel 1952, in occasione del cinquantenario della Federterra, Renata Viganò dedica un breve volume alle mondine. Uno dei capitoli si intitola Il canto di Molinella e si chiude con il bel disegno di Sughi che potete vedere nell’immagine successiva.   Renata Viganò, Mondine, [S.l., s.n.], 1952. Collocazione: MISC. A. 5824
immagine di Renata Viganò, Mondine (1952)
Renata Viganò, Mondine (1952)
Renata Viganò, Mondine, [S.l., s.n.], 1952. Collocaizone: MISC. A. 5824
immagine di La guerra di Libia: Podrecca e Galantara
La guerra di Libia: Podrecca e Galantara
L’aggressione coloniale dell’Italia alla Libia assume una grande importanza in Chi ha del ferro ha del pane perché Reglio, convinto antimilitarista, cerca in tutti i modi - e inutilmente - di sfuggire alla chiamata dell’esercito. Vediamo come viene criticata la guerra in Libia in due copertine de «L’asino» datate rispettivamente 14 e 21 gennaio 1912. Proprio in occasione della guerra di Libia si verificò una rottura fra i due fondatori della rivista, Guido Podrecca e Gabriele Galantara (che abbiamo già citato come copertinista). I due erano stati fondatori nel 1888 anche di una importante rivista satirica bolognese, «Bononia ridet». Podrecca aveva assunto tendenze interventiste nei confronti della guerra coloniale, in consonanza con un’ala riformista del Partito socialista rappresentata soprattutto da Bissolati, mentre Galantara sosteneva l’antimilitarismo più tradizionale del socialismo rivoluzionario. «L’asino» riflette questa seconda posizione perché Podrecca, oltre ad essere espulso dal Partito socialista, perde anche la direzione della rivista, come ricorda Evangelisti al capitolo 46 (p. 333). «L’asino» subisce, in quello stesso 1912, ulteriori attacchi da altre correnti socialiste a causa della continua polemica anticlericale, non più prioritaria per alcuni esponenti del partito. In sua difesa si schiera uno dei grandi esponenti del socialismo rivoluzionario, Amilcare Cipriani, che invia una lettera di sostegno proprio a Galantara, che viene pubblicata sul numero del 3 novembre 1912. La vis polemica di Podrecca e Galantara si era espressa negli anni non solo nel periodico ma anche in alcuni volumi, firmati con pseudonimi. Nel 1889 esce a Bologna il volumetto Il 10 novembre. Guida elettorale - sul frontespizio del quale si trova un’indicazione del legame fra questa pubblicazione e «Bononia ridet» - che parodiando la Commedia dantesca polemizza con diversi aspetti e personaggi dell’attualità. Si vedano a titolo esemplificativo le immagini che introducono i canti I e II e i canti III e IV. Del canto terzo sono protagonisti tre poeti, uno dei quali è Giosue Carducci, già oggetto di attacchi polemici da parte di «Bononia ridet». Galantara utilizza lo pseudonimo Rata Langa, con cui firma anche le sue illustrazioni, mentre in questo caso Podrecca adotta lo pseudonimo Maschera di ferro. Del 1909 è invece l’opuscolo L’asinoplano, che esce - come indica una nota manoscritta presente sul frontespizio dell’esemplare conservato in Archiginnasio - in qualità di «Almanacco dell’Asino pel 1909». Vi si trova la consueta polemica anticlericale e questa volta Podrecca adotta lo pseudonimo Goliardo, utilizzato spesso anche quando si trovava a Bologna.   «L’asino è il popolo: utile, paziente, bastonato», 12 gennaio 1902. Collocazione: A. 2258   «Bononia ridet. Rivista artistica, letteraria, universitaria settimanale: organo non ufficiale dell'8. Centenario e dell'Esposizione in Bologna» Collocazione: 17. N. II. 25   Maschera di ferro e Rata Langa [i.e. Guido Podrecca e Gabriele Galantara], Il 10 novembre. Guida elettorale, Bologna, Stab. tip. successori Monti, 1889. Collocazione: 17. Scrittori bolognesi. Composizioni burlesche. Caps. I, 5   Goliardo e Rata Langa [i.e. Guido Podrecca e Gabriele Galantara], L’asinoplano, [S.l., s.n., 19..]. Collocazione: BUSSOLARI Busta 2. 10
immagine di Raffaele Bilancioni, Cenni storici su San Leo (1934)
Raffaele Bilancioni, Cenni storici su San Leo (1934)
Reglio alla fine viene scovato e costretto a prestare servizio militare presso una Compagnia di disciplina (titolo del capitolo 44) in cui venivano radunate le “teste calde” che avevano tentato di sottrarsi alla leva militare. La compagnia è di stanza alla fortezza di San Leo, nelle cui prigioni Reglio finisce in isolamento per due volte. Evangelisti racconta con dovizia di particolari le durissime condizioni in cui sono tenuti i prigionieri rinchiusi nella cella d’isolamento grazie alle testimonianze scritte di Antonio Moroni, che Reglio incontra a San Leo nella finzione narrativa, che verranno raccolte e diffuse da alcuni giornali socialisti e costituiranno un durissimo atto d’accusa verso l’esercito. Vediamo qui il frontespizio di un volume che racconta la storia di San Leo, con alcune belle fotografie proposte nelle immagini successive.   Raffaele Bilancioni, Cenni storici su San Leo, Rimini, Stabilimento tipografico Garattoni, 1934. Collocazione: 5. Storia profana. Medio Evo. Cart. E3, 19
immagine di Raffaele Bilancioni, Cenni storici su San Leo (1934)
Raffaele Bilancioni, Cenni storici su San Leo (1934)
Raffaele Bilancioni, Cenni storici su San Leo, Rimini, Stabilimento tipografico Garattoni, 1934. Collocazione: 5. Storia profana. Medio Evo. Cart. E3, 19
immagine di Raffaele Bilancioni, Cenni storici su San Leo (1934)
Raffaele Bilancioni, Cenni storici su San Leo (1934)
Raffaele Bilancioni, Cenni storici su San Leo, Rimini, Stabilimento tipografico Garattoni, 1934. Collocazione: 5. Storia profana. Medio Evo. Cart. E3, 19
immagine di 1914-1918: la guerra in prima pagina
1914-1918: la guerra in prima pagina
Troppi sarebbero i documenti da citare relativi a quella che viene comunemente denominata la Grande Guerra del 1914-1918. In Chi ha del ferro ha del pane d’altra parte questa guerra viene raccontata “a distanza”, come testimoniano i titoli dei capitoli 53 e 54 ad essa dedicati: La guerra da lontano ed Echi dal fronte. Alcuni dei personaggi naturalmente combattono sul fronte, ma le vicende vengono sempre raccontate dal punto di vista di chi è rimasto a casa e quindi viene a conoscere le notizie belliche tramite i racconti più o meno attendibili e mediati della stampa o di chi dal fronte ritorna, in maniera temporanea o definitiva. L’Archiginnasio ha realizzato due banche dati che offrono una ricchissima documentazione relativa agli eventi della Prima Guerra Mondiale e a come si svolgeva la vita nei territori che non ne erano direttamente coinvolti. Punto di partenza è la banca dati 1914-1918: la guerra in prima pagina, che raccoglie e rende consultabili full text tutti i numeri del Resto del Carlino usciti durante il conflitto, oltre a un’ampia documentazione tratta da altri periodici. All’interno di questa banca dati è di particolare interesse la sezione in cui sono stati digitalizzati alcuni dei documenti del fondo Guerra Europea della biblioteca, che venne raccolto “in diretta” durante il conflitto, per documentare non solo gli avvenimenti bellici, ma soprattutto la vita quotidiana degli italiani. Il fondo consta di 1.800 volumi, 1.700 opuscoli, 200 testate di periodici, manifesti, volantini, cartoline, immagini, canzoni e spartiti musicali, tutti catalogati in rete.
immagine di Imola, «La lotta» (11 maggio 1919)
Imola, «La lotta» (11 maggio 1919)
Il 1919 è un anno fondamentale sia per la vita pubblica italiana - si fanno strada i Fasci di combattimento, l’impresa di Fiume accende gli animi nazionalisti rappresentati dalla compagnia degli Arditi, il Partito socialista cresce sempre di più, il clima è sempre più rovente, nelle aule della politica ma soprattutto nelle strade - sia per gli avvenimenti privati dei personaggi di Chi ha del ferro ha del pane, che si ritrovano in buona parte a Imola. A partire dal capitolo 56, Imola la rossa, inizia una sezione del romanzo intitolata Città turbolenta, che copre i capitoli 56-60. Nei capitoli 60-63 si verificano alcuni avvenimenti pubblici fondamentali a cui i personaggi del romanzo partecipano in prima persona scendendo nelle piazze per protestare, anche a costo della loro incolumità. Possiamo “recuperare” questi avvenimenti nelle cronache del giornale socialista imolese «La lotta» (a cui si contrappone, in città, il periodico cattolico «Diario»). In questa e nelle prossime immagini potete vedere la prima pagina di alcuni numeri del giornale socialista che raccontano gli eventi presenti nel romanzo. Qui è possibile consultare interamente questi numeri. In questa prima immagine vediamo un resoconto dell’imponente manifestazione del 1° maggio, raccontata al capitolo 60, L’insurrezione.   «La lotta. Giornale socialista», 11 maggio 1919. Collocazione: G. 7. Sala 19
immagine di Imola, «La lotta» (13 luglio 1919)
Imola, «La lotta» (13 luglio 1919)
All’inizio di luglio a Imola come in altre città romagnole ed emiliane si verifica una vera e propria insurrezione contro il caro vita. La rivolta, che ha preso di mira alcune botteghe che vengono saccheggiate, viene repressa nel sangue e diverse persone vengono uccise. In questo numero da «La lotta» del 13 luglio il tema caldo di discussione è appunto ancora il caro vita.   «La lotta. Giornale socialista», 13 luglio 1919. Collocazione: G. 7. Sala 19
immagine di Imola, «La lotta» (13 luglio 1919)
Imola, «La lotta» (13 luglio 1919)
Ancora il numero de «La lotta» del 13 luglio, in cui si parla dell’eccidio avvenuto qualche giorno prima e si cita Romeo Galli, che nel romanzo compare proprio durante l’insurrezione (p. 437-438), quando insieme agli altri esponenti del socialismo locale illustra il calmiere dei prezzi che è stato stipulato. Viene però interrotto da Eleuteria, che accusa lui e gli altri esponenti del partito di fare solo delle chiacchiere e di non volere una vera rivoluzione. Romeo Galli, oltre che attivista politico, è stato un importante studioso e bibliotecario. Molti suoi articoli sono apparsi anche su «L‘Archiginnasio. Bollettino della Biblioteca comunale di Bologna». Un suo ritratto fotografico si trova all’inizio del volume Scritti vari, che raccoglie alcuni suoi studi storici.   «La lotta. Giornale socialista», 13 luglio 1919. Collocazione: G. 7. Sala 19
immagine di Imola, «La lotta» (20 luglio 1919)
Imola, «La lotta» (20 luglio 1919)
Nelle giornate del 20 e 21 luglio 1919 il Partito socialista indice uno sciopero europeo «A sostegno delle repubbliche socialiste di Russi e d’Ungheria». «Non è un tema troppo ampio, mentre la povera gente ha il problema del cibo?» si chiede Narda. Forse il dubbio della giovane, poco esperta di politica ma ben conscia delle difficoltà di tutti i giorni, ha un fondamento, se è vero che a livello europeo «lo scioperissimo di due giorni risultò uno scioperino» (p. 447). In Italia tutto sommato andò meglio che in altri paesi. Dalla prima pagina de «La lotta» del primo giorno di sciopero, il 20 luglio, sembra di percepire - più che l’entusiasmo per l’evento - il timore che vi possano essere nuovi scontri nelle strade. Si auspica infatti una autoregolamentazione dei manifestanti per mantenere ordine e disciplina.   «La lotta. Giornale socialista», 20 luglio 1919. Collocazione: G. 7. Sala 19
immagine di Imola, «La lotta» (27 luglio 1919)
Imola, «La lotta» (27 luglio 1919)
Una settimana dopo lo «scioperissimo» il Partito socialista può festeggiare la riuscita dell’evento, sia sul piano della partecipazione che della disciplina dimostrata dai manifestanti.   «La lotta. Giornale socialista», 27 luglio 1919. Collocazione: G. 7. Sala 19
immagine di Arditi
Arditi
I personaggi del romanzo hanno un’opinione incerta relativamente alla compagnia degli arditi: molti di loro si sono comportati valorosamente e con giustizia in battaglia, ma quello che spaventa la stirpe rivoluzionaria dei Minguzzi è l’eccessivo nazionalismo. I personaggi non capiscono quale strada gli arditi prenderanno, soprattutto dopo l’impresa di Fiume (cap. 64). Qui vediamo un volantino datato proprio 1919 che inneggia agli arditi.   Va, la vittoria è degli arditi perché l'ardire è dei giusti e la giustizia è con noi, amore e gloria a chi ardirà, va!, [S.l., s.n., 1915]. Collocazione: 12. Guerra Europea. Cart. 17, 76
immagine di P. Reginaldo Giuliani, Gli arditi (1919)
P. Reginaldo Giuliani, Gli arditi (1919)
Nel volume di cui presentiamo il frontespizio con a fianco la fotografia dell’autore, anche questo datato 1919, si trova un breve canzoniere degli arditi che però non contiene la canzone che Cincin canta nel capitolo 58 - intitolato Cincin d’assalto - quando si presenta a Imola con la divisa degli arditi, pur non avendo mai militato in quella compagnia, a differenza di altri personaggi come Reglio o Vittorio Zambelli.   Reginaldo Giuliani, Gli arditi. Breve storia dei reparti d’assalto della terza armata, Milano, Fratelli Treves, 1919. Collocazione: 12. P. III. 21
immagine di Emilio Settimelli, Benito Mussolini. Profilo (1922)
Emilio Settimelli, Benito Mussolini. Profilo (1922)
Nel dopoguerra, e quindi nell’ultima parte di Chi ha del ferro ha del pane, emergono i personaggi che poi saranno protagonisti del periodo storico oggetto di narrazione nel terzo volume della trilogia, Nella notte ci guidano le stelle. Benito Mussolini in primis, naturalmente, di cui i due romanzi seguono l’evoluzione politica, dalla militanza socialista fino agli esiti che ben conosciamo. Va d’altra parte ricordato che già nel primo romanzo, Vivere lavorando o morire combattendo, era comparso ed era stato più volte nominato il padre di Mussolini, il fabbro Sandro, anche lui attivo nell’ambiente del socialismo romagnolo. Il volume che qui proponiamo - proveniente dalla Biblioteca della Casa del Fascio - è datato 1922 ed è quindi uno dei primi che esalta la figura di Mussolini, collocandolo all’interno di una collana editoriale che vuole celebrare i grandi artefici della vittoria nel conflitto conclusosi da pochi anni. Il romanzo ricorda più volte come Mussolini fosse passato dal sostenere una posizione contraria alla guerra coloniale in Libia, all’opposto sentimento di interventismo e di esaltazione dell’impegno bellico all’inizio della Guerra Europea.   Emilio Settimelli, Benito Mussolini. Profilo, Piacenza, Società tipografica editoriale Porta, 1922. Collocazione: CdF. Sala B.F. 71
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Leandro Arpinati
La figura di spicco del fascismo bolognese della prima ora, e non solo, fu Leandro Arpinati, che organizzò il Fascio di combattimento locale e contribuì a definire che cosa significava essere “fascisti”. Vale la pena citare la pagina in cui Arpinati compare sulla scena in Chi ha del ferro ha del pane, perché identifica un momento storico fondamentale e in cui si trova il germe di ciò che succederà nei successivi 20 anni. Siamo nel capitolo 69, intitolato I soviet petroniani, e i personaggi si sono in gran parte trasferiti nel capoluogo emiliano.   «Il termine “fascista” cominciò a indicare qualcosa di univoco e preciso nell’estate del 1920, almeno a Bologna. In precedenza c’erano stati Fasci della più diversa natura e orientamento. Gradualmente si ridussero a uno solo, il Fascio di combattimento, e “fascista” fu chiamato chi vi apparteneva. Non senza ambiguità e contraddizioni. Un primo Fascio di combattimento, di orientamento nazionalista, era sorto nell’immediato dopoguerra, con a capo Pietro Nenni. Raccoglieva ex interventisti, repubblicani, elementi moderati grosso modo di destra, qualche socialista bissolatiano, qualche anarchico che, al seguito di Kropotkin, si era dichiarato favorevole alla guerra. Per una breve stagione i fascisti bolognesi furono quelli. Gradualmente li soppiantò una nuova leva, molto più agguerrita nel professarsi bolscevica. La comandava Leandro Arpinati, un ex anarchico esentato dalla partecipazione al conflitto mondiale perché ferroviere. Con lui, anche se con lentezza, il significato di “fascista” si precisò. Altrove il processo era stato più veloce» (p. 483).   Nelle immagini che qui presentiamo si compie un salto in avanti di qualche anno: Arpinati ha portato a termine il processo di appropriazione del potere cittadino, grazie all’elezione a primo Podestà di Bologna, avvenuta nel 1926. Le immagini sono tratte dal numero del dicembre di quell’anno della rivista pubblicata dal Comune di Bologna. Le annate 1915-1939 del periodico sono state interamente digitalizzate dalla Biblioteca dell’Archiginnasio e sono consultabili online. Interessante l’accenno che Evangelisti fa nel brano citato a Pietro Nenni come fondatore del primo Fascio di combattimento bolognese. In alcuni periodici conservati in Archiginnasio risultano asportate alcune pagine relative agli anni 1919-1920 che potevano gettare un’ombra sugli inizi della carriera politica di Nenni: un presunto caso di censura accaduto a posteriori, negli anni in cui Nenni era ormai diventato leader del Partito socialista (si veda: M. Avanzolini, L’eterno nemico. Dalla censura libraria all’applicazione delle leggi razziali: il Ventennio fascista nella Biblioteca dell’Archiginnasio, «L’Archiginnasio», CXIV (2019), p. 487-618, in particolare il paragrafo 2.5: La censura dei giornali del 1919-1920: il caso Pietro Nenni e il caso della Strage di Palazzo d’Accursio).   «Il Comune di Bologna. Rassegna mensile di cronaca amministrativa e di statistica», XII (1926), n. 12. Collocazione: 17. A. IV. 
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Il ristorante popolare della Sala Borsa
Fra le diverse aggressioni di cui si rende protagonista il Fascio di combattimento, Evangelisti racconta con attenzione quelle del 20 settembre 1920. Epicentro degli scontri armati di quel giorno è la Sala Borsa, che al tempo ospitava un ristorante popolare ed economico dell’Ente autonomo consumi in cui spesso i personaggi vanno a mangiare. Oggi in quel palazzo si trova la Biblioteca Salaborsa, sul cui sito è possibile trovare una cronologia delle diverse destinazioni d’uso e modifiche architettoniche che nei secoli hanno interessato il palazzo.
immagine di L'eccidio di Palazzo d'Accursio
L'eccidio di Palazzo d'Accursio
Chi ha del ferro ha del pane si conclude con il capitolo 75, La tragedia, in cui Evangelisti racconta quello che subito venne definito l’eccidio di Palazzo d’Accursio. Il 21 novembre 1920 il Partito socialista festeggiava la schiacciante vittoria elettorale appena ottenuta a Bologna con l’insediamento del nuovo sindaco, Enio Gnudi, che succedeva alla giunta ugualmente socialista guidata da Francesco Zanardi. Durante i festeggiamenti gli appartenenti ai Fasci di combattimento travolsero i cordoni delle forze dell’ordine - a dire il vero, dice Evangelisti, poco decise a contrastarli - che li separavano dalla folla che attendeva il discorso del nuovo sindaco e iniziarono a sparare contro Palazzo d’Accursio. Ne nacque una sparatoria e un parapiglia che portò la situazione alla tragedia annunciata nel titolo del capitolo. Lasciamo la parola ad Evangelisti che riassume le conseguenze di quei fatti:   «Morirono dieci socialisti, tra cui due donne. Un consigliere comunale appartenente alla minoranza, Giulio Giordani, fu ucciso nella sala consiliare da uno sconosciuto, comparso sulla porta. L’assassino non fu mai identificato. Forse voleva vendicare, a modo suo, le vittime all’esterno. Giordani divenne un martire, degli altri caduti si ignorò il nome» (p. 525).   Nella finzione narrativa fra i caduti di quella giornata figura Canzio Verardi, che conclude così la sua parabola di vita snodatasi lungo i primi due romanzi della trilogia. Un modo, da parte di Evangelisti, di dare un nome ad almeno una delle vittime. Il volume di cui presentiamo qui il frontespizio e nelle pagine successive alcune immagini, datato 1923, dimostra come la memoria dell’eccidio venne inizialmente monopolizzata da quella che poi risulterà la parte politica vincitrice e che impedirà l’insediarsi di Gnudi. Il volume infatti concentra la propria attenzione solo sull’uccisione del consigliere di minoranza Giulio Giordani e sulla sparatoria che avvenne nell’aula del consiglio comunale, “dimenticando” le cause che l’avevano provocata e i morti che già si contavano all’esterno. In un articolo dal titolo L’eterno nemico. Dalla censura libraria all’applicazione delle leggi razziali: il Ventennio fascista nella Biblioteca dell’Archiginnasio, pubblicato su «L’Archiginnasio», CXIV (2019), p. 487-618, Maurizio Avanzolini - che ringraziamo per le molte segnalazioni che hanno arricchito questa ultima parte della gallery - nota anche che nelle raccolte dei quotidiani possedute dalla nostra biblioteca, nei numeri immediatamente successivi al giorno dell’eccidio, sono chiaramente mancanti pagine e articoli che probabilmente erano dedicati agli eventi del 21 novembre (p. 554-555). Si tratta probabilmente di un episodio di censura, come altri ne rileva Avanzolini relativamente a fatti controversi di quegli anni (abbiamo prima citato il caso relativo a Pietro Nenni), anche se difficilmente spiegabile visto che dell’eccidio si parlò sulla stampa di tutta Italia e quindi risulta poco credibile che lo si volesse tenere nascosto. Ma forse quello che interessava era sottrarre alla memoria alcuni specifici particolari e dettagli. Molto interessante per capire come il fascismo, una volta affermatosi pienamente, raccontò i fatti del 21 novembre 1920 è l’articolo Giulio Giordani e l’eccidio di Palazzo d’Accursio (ricordi di Battaglia) di Angelo Manaresi, che sarà in seguito Podestà di Bologna, pubblicato su «Il Comune di Bologna» del settembre 1928, p. 11-25. Le numerose fotografie pubblicate all’interno dell’articolo lo rendono ancora più prezioso.   Vico Pellizzari, L'eccidio di Palazzo d'Accursio, Roma-Milano, A. Mondadori, 1923. Collocazione: 17*. AA. 368
immagine di L'eccidio di Palazzo d'Accursio
L'eccidio di Palazzo d'Accursio
L’attenzione di Pellizzari, come si vede, è incentrata solamente sui consiglieri di minoranza e sulle conseguenze da loro subite durante gli scontri.   Vico Pellizzari, L'eccidio di Palazzo d'Accursio, Roma-Milano, A. Mondadori, 1923. Collocazione: 17*. AA. 368
immagine di L'eccidio di Palazzo d'Accursio
L'eccidio di Palazzo d'Accursio
Nel libro di Pellizzari viene anche ricostruita graficamente la sparatoria avvenuta all’interno della Sala Consigliare, con l’indicazione di dove si erano andati a conficcare i proiettili.   Vico Pellizzari, L'eccidio di Palazzo d'Accursio, Roma-Milano, A. Mondadori, 1923. Collocazione: 17*. AA. 368
immagine di La cronaca bolognese dell'«Avanti!»
La cronaca bolognese dell'«Avanti!»
Oltre all’eccidio di Palazzo d’Accursio, Evangelisti ricorda quello del “Casermone”, a cui è intitolato il capitolo 72, cioè la caserma della Guardia regia in via Cartolerie. Entrambi questi tragici fatti, o meglio i processi che li seguirono, sono ricordati in questa pagina del quotidiano socialista l'«Avanti!» del 12 luglio 1921. Si tratta di un documento importante perché si tratta della prima pagina di cronaca bolognese presente sul quotidiano. L’esperimento di dedicare una pagina agli eventi locali del capoluogo emiliano durò per l'«Avanti!» fino all’estate 1922 e probabilmente venne interrotta dalla distruzione della redazione del giornale avvenuta in quel periodo. La Biblioteca dell’Archiginnasio, in collaborazione con la biblioteca dell’Istituto Storico Parri, ha digitalizzato questo anno di cronaca bolognese dell'«Avanti!», recuperando una fonte quasi sconosciuta e fondamentale per capire l’affermarsi del fascismo in città. Ne è nata una banca dati dal titolo Inchiostro e fiamme. La cronaca bolognese dell'«Avanti!» (1921-1922).   Chiudiamo questa carrellata con una curiosità raccontata da Maurizio Avanzolini nel già citato articolo L’eterno nemico:   «A questo proposito si segnala un curioso aneddoto: nel 1934 il podestà Angelo Manaresi scrive a Achille Starace, segretario del P.N.F., per segnalargli il ritrovamento nella torre del palazzo del Podestà di tre rivoltelle avvolte nel numero del 20 novembre 1920 de «L’Avanti!», che «facevano parte, senza dubbio,dell’armamento delle guardie rosse, annidate sulla Torre, e presumibilmente furono colà depositate dopoil tragico eccidio». Manaresi propone a Starace di inserire le rivoltelle tra i cimeli della Mostra della Rivoluzione fascista; cfr. ASCBo, Gabinetto del Podestà, prot. part. n. 3457, lettera del 26 luglio 1934» (p. 555, nota 323).
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