
Album "Baudolino"
In questa gallery raccogliamo documenti che illustrano la genesi e la vita editoriale del romanzo Baudolino di Umberto Eco (2000), che fanno riferimento ai temi trattati nell’opera o hanno fornito una base informativa per l’autore. Questa non vuole essere un’analisi scientifica ed esaustiva di fonti e documenti utilizzati dall’autore né tantomeno un’interpretazione critica.
Quello che qui proponiamo è il resoconto di un’esperienza di lettura e di ricerca nel patrimonio della nostra biblioteca (con alcune escursioni su altre raccolte documentarie). Non c’è quindi nessuna pretesa di una presentazione esaustiva dei molti argomenti e dei molti materiali che il romanzo potrebbe suggerire, ma la volontà di compiere una scelta sulla base di motivazioni anche episodiche e dettate dall’interesse dei lettori e dalle discussioni che il gruppo di lettura ha sostenuto negli incontri precedenti.
L’indicazione delle pagine del romanzo citate si riferisce alla prima edizione, pubblicata nel 2000 dall’editore Bompiani. Di Baudolino sono comunque sempre citati anche i capitoli da cui sono tratte le citazioni, per facilitarne l’individuazione in altre edizioni.
I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.

Sante Nucci, Satiro (sec. XIX)
Il capitolo 34 del romanzo si intitola Baudolino scopre il vero amore. Una scoperta che avviene proprio nel momento in cui al protagonista si rivela la reale natura di Ipazia, il suo essere, secondo i termini delle regole che gli uomini si sono dati, un mostro. Il superamento di quelle regole, la comprensione che non esistono eccezioni perché non esistono regole universali, è il momento in cui nasce il vero sentimento amoroso.
«“Signor Niceta, le ho strappato la veste, e ho veduto. Dal ventre in giù Ipazia aveva forme caprine, e le sue gambe terminavano in due zoccoli color avorio. Di colpo ho capito perché, velata dalla veste sino a terra, non sembrava camminare come chi posa i piedi, ma trascorreva leggera, quasi non toccasse il suolo. E ho capito chi fossero i fecondatori, erano i satiri-che-non-si-vedono-mai, dal capo umano e dal corpo di ariete, i satiri che da secoli vivevano al servizio delle ipazie, donando loro le femmine e crescendo i propri maschi, questi con il loro stesso volto orrendo, quelle ancora memori della venustà egizia della bella Ipazia, l’antica, e delle sue prime pupille”» (cap. 34, p. 447).
Sante Nucci, Satiro, disegno.