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SEICENTO - SETTECENTO

Del dibattito sulla “battaglia dei secoli” si hanno notizie perlomeno a partire dal passaggio tra Seicento e Settecento. Due differenti modi di affrontare la questione se l’anno 1700 sia da considerarsi l’ultimo del secolo XVII oppure il primo del secolo XVIII sono rappresentati dall’opuscolo anonimo Lettera ad una dama sopra l’equivoco preso da alcuni nel contare il presente anno MDCC per lo primo e non per l’ultimo del secolo e dal testo di Geminiano Rondelli, Urania custode del tempo. Varie considerazioni [...] intorno al computo e denominazione degli anni ..., entrambi stampati a Bologna dagli eredi Pisarri nel 1700.

Lettera ad una dama...

Giovanni Cinelli Calvoli gratifica, nella sua Biblioteca Volante, con la qualifica di scimumiti coloro che ritenevano che il 1700 fosse il primo anno del XVIII secolo e non l'ultimo del XVII. .

Un singolare documento bolognese che testimonia della battaglia dei secoli si veste dei toni galanti di una conversazione da salotto in forma epistolare. Ad ingentilire una noiosa disputa fondata su complessi calcoli matematici e cronologici è la presenza tra i due contendenti di una dama, a cui si rivolge l’anonimo autore dell’opuscolo.
Nata alla fine del 1675, di buona famiglia, la giovane dama conosce il latino ma non ha molta dimestichezza con la matematica. Un abate, pochi giorni prima, le ha augurato il buon anno, notando che il 1700 ha aperto un nuovo secolo. La dama è dubbiosa: teme infatti che le sia stato sottratto un anno di vita. A restituirle il presunto furto, provvede l’anonimo con chiare argomentazioni volte a dimostrare che il XVII secolo non è ancora terminato. 

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Urania custode del tempo

Giovanni Cinelli Calvoli recensendo, nella sua Biblioteca Volante, l'opera di Geminiano Rondelli cita un carteggio con monsignor Albizzi il quale, salomonicamente, per non scontentare nessuno, affermava che il 1700 era stato sia l’ultimo anno del XVII secolo, siail primo anno del XVIII secolo. 

L’opuscolo è dedicato ad Urania, musa dell’Astronomia, che presenta fra gli attributi iconografici la sfera armillare, il telescopio, il sestante e soprattutto il globo come rappresentazione della volta celeste.
Il Rondelli descrive i sistemi di misurazione del tempo, campo nel quale prima di lui si erano cimentati eruditi come Giuseppe Giusto Scaligero (1540-1609).
Entro il quadro dell’era cristiana si tratta di stabilire se “l’anno, che presentemente corre, sia l’ultimo del Secolo Diecesettesimo o pure il primo del Decimottavo” (p. 21). Per Rondelli, si tratta di una questione assai dibattuta dai suoi contemporanei ed egli si adopera per dimostrare che “il termine di questo Secolo si averà l’ultimo giorno del venturo Decembre” (p. 41).
Le prove addotte sono di varia natura. Da un lato viene sviluppata l’argomentazione che “il Secolo intiero deve essere composto d’anni 100” (p. 41}; dall’altro viene sottolineata la necessità di “determinare se il nome, col quale si denotano gli anni sia aritmetico, o pure ordinale” (p. 22).
Del resto la corretta suddivisione in secoli (1-100, 101-200, 201-300 ...) aveva trovato un’autorevole consacrazione, già alcuni decenni prima dell’opuscolo di Rondelli, nell’opera del gesuita francese Philippe Labbé (1607-1667).

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